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La rondine che non fa primavera

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Ricominciaredalla rabbia di Perrotta che manda in pezzi la bandierina sotto la Curva Sud. Ricominciare, dopo la vittoria tribolata sul Bologna, a credere nei propri mezzi, nell'impegno, nel sacrificio. Nel lavoro che, alla fine, paga sempre. E lasciarsi alle spalle le pressioni e le esagerazioni di una minoranza degli ultrà. I tifosi della Roma non sono quelli delle bombe carta a Trigoria, ma non possono nemmeno essere contenti e sereni per un faticoso 2 a 1 contro una delle possibili candidate alla retrocessione. Claudio Ranieri si risente per questo clima ostile. Ma deve sapere - e se non lo sa (dubitiamo), ci sono tanti alla Roma che glielo possono ricordare - che questo clima ostile, non è figlio di tre sconfitte consecutive. Sì, la contestazione del popolo romanista, la sua disaffezione - anche ieri col Bologna, come col Livorno, solo 3000 paganti e la sensazione che non tutti gli abbonati ci fossero - è sintomo di una misura ormai colma, che ha trascinato i romanisti dal sogno di uno scudetto sfumato solo 17 mesi fa, ad un incubo chiamato zona retrocessione. C'è l'incertezza cronica del futuro a disamorare la gente giallorossa. Come la forza del club di pensare al futuro remoto - lo show per la presentazione dello stadio che non c'è, nemmeno nei progetti approvati - e l'incapacità di invertire una condizione ormai consolidata dall'ultima assemblea dei soci: senza risultati, nessun investimento. Insomma l'autarchia proprio mentre servirebbero innesti. Gli errori della campagna acquisti dell'estate 2008 non possono essere pagati all'infinito. Ecco perché gli applausi e la passione del popolo romanista non possono tornare d'incanto soltanto dopo una faticosissima vittoria. Fanno bene tutti a Trigoria a pretendere rispetto nei confronti di chi lancia bomboni o uova marce. Ma lo stesso rispetto ci deve essere per una delle tifoserie più appassionate che ci siano.

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