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I giallorossi sfidano il Bologna

Claudio Ranieri

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La Roma non trova pace. Dopo la contestazione dei giorni scorsi, si è passati alle bombe carta. Nella notte tra venerdì e sabato, gli scoppi all'interno del centro sportivo Bernardini hanno attirato l'attenzione dei giocatori che si trovavano in ritiro all'interno del complesso. Sono intervenute delle volanti della polizia che hanno sorvegliato Trigoria fino alle 2.30. Una volta costatato che la situazione era sotto controllo hanno lasciato il quartier generale dei giallorossi. Pare, però, che una mezz'ora più tardi, altri petardi e fumogeni siano stati fatti esplodere davanti ai cancelli. Una notte agitata che ha lasciato il segno anche in alcuni giocatori, turbati non tanto dal gesto, ma dall'aria pesante che si respira nella Capitale. Durante gli allenamenti settimanali i tifosi, arrampicati sui muri di recinzione, hanno gridato insulti a quasi tutta la squadra. Non sono mancati striscioni di protesta nei confronti della dirigenza («Vergogna» e «Rosella Vattene»). Fino ad arrivare al gesto dell'altra notte. La Digos avrebbe avviato un'indagine per tentare di identificare i presunti responsabili. «Invece di tirarci le bombe, i tifosi potrebbero starci vicini in questo momento così difficile - ha detto Ranieri commentando l'episodio - c'è esasperazione, evidentemente c'è molto amore per la squadra, ma non dovrebbero esserci manifestazioni di questo tenore, perché nei momenti peggiori si vede l'amico e chi ti sta vicino». poi il tecnico si mette nei panni dei tifosi. «Anch'io sono molto arrabbiato (lui ha usato un termine più forte) perché voglio di più. Non dico che ci devono applaudire, ma ci incoraggiassero». La Roma sta vivendo una situazione difficile, sul campo e fuori. Mai negli anni passati si era arrivati alle bombe carta. Tuttavia bisogna pensare a oggi e alla sfida con il Bologna. «Quando una squadra non sta bene, in casa soffre ancora di più perché ha l'ansia del risultato - confessa Ranieri - Sono sereno perché la squadra è reattiva e lo spogliatoio è unito. Il ritiro? Abbiamo deciso di farlo con la squadra. Se sarà stato utile, lo vedremo solo dopo la gara, contano solo i tre punti». Ultima battuta dedicata alla frase «la squadra non è mia» detta qualche giorno fa. «Tutti sanno che sono entrato in corsa e che il gruppo non è il mio. Ora che sono l'allenatore, la squadra è diventata mia, i giocatori mi appartengono e per me sono i più forti».

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