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Quel francese che resusciterà la Formula Uno

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Sitratterà di un'incoronazione in pieno stile, che lo trasformerà da manager di successo in imperatore dell'automobilismo mondiale, permettendogli di coronare il sogno cullato fin da quando era bambino. Piccolo fuori ma grande, grandissimo dentro, Todt ha sempre avuto la straordinaria capacità di conciliare la propria smisurata ambizione e gli interessi di coloro al cui servizio si è messo nel corso di oltre trent'anni di carriera. Lucido, razionale, cinico senza essere insensibile e umano senza essere tenero, formidabile organizzatore e stratega sopraffino, Todt si è issato in cima al mondo con la sola forza della sua mente, inclusa la perspicacia con cui ha sempre saputo scegliersi amici e alleati, dai vertici Peugeot a Ecclestone, da Schumacher a Max Mosley. Un legame, quest'ultimo, che gli ha spianato la strada della presidenza Fia non appena il vecchio avvocato inglese ha dovuto prendere atto della propria, sopravvenuta ma irreversibile, impresentabilità. Essendo tra l'altro non casualmente figlio di un medico, c'è dunque da star certi che Todt riporterà in piena salute anche quel malato terminale che è oggi l'automobilismo sportivo (a cominciare dalla F1) così come, nel corso dei decenni, ha fatto con tutti coloro che gli si sono affidati. Prima il pilota Fréquelin, che con lui quale navigatore finì secondo nel mondiale rally alle spalle del solo Vatanen (oggi, guarda un po' te i casi della vita, costretto a concedere la rivincita a Todt da suo sfigatissimo avversario nelle elezioni presidenziali). Poi la Peugeot, condotta ai massimi trionfi (titoli iridati nei rally, Parigi-Dakar, 24 Ore di Le Mans). E infine, e soprattutto, alla Ferrari, dove i suoi 15 anni alla guida della Gestione Sportiva hanno fruttato sei titoli Piloti e sette Costruttori. Non lo farà gratis, intendiamoci, perché Todt sa monetizzare il proprio talento (e ci tiene, eccome se ci tiene!), però anche stavolta pure l'ultimo centesimo sarà pienamente guadagnato. Sebbene in Francia sia poco meno di un eroe nazionale (ha ricevuto la massima onorificenza, la Legion d'Onore) e in Malesia venga considerato un semidio per il matrimonio con la popolarissima attrice Michelle Yeoh (la terza delle sue mogli), il legame più forte Todt lo conserverà inevitabilmente con l'Italia a causa della sua lunga e gloriosa epopea ferrarista. Le redini sportive del Cavallino sono state nelle sue mani dal primo luglio 1993 - prese il comando in pista, al G.P. di Francia, proveniente direttamente da Le Mans, dove aveva portato al successo la Peugeot nel suo ultimo giorno di lavoro - al 31 dicembre 2007. Questa data è uno spartiacque, perché, pur rimanendo Amministratore Delegato dell'intera Ferrari SpA, dal 1. gennaio 2008 il prode Jean lasciò a Stefano Domenicali il day-by-day della Scuderia, segnale esplicito che qualcosa aveva smesso di funzionare fra lui e Luca di Montezemolo, l'uomo che per riconoscenza tutto gli aveva concesso e permesso ma che non poteva certo accettare che un dipendente aspirasse a mettersi in testa la corona di Enzo Ferrari. La svolta definitiva è del 17 marzo di quest'anno, quando Todt matura la consapevolezza che per diventare finalmente imperatore deve scindere definitivamente la sua immagine da quella della Ferrari e preparare in fretta la successione al tiranno in disgrazia vestendo i panni del pacificatore super partes. Sette mesi appena, ed eccolo là, sul trono, come programmato. Sarà un sovrano illuminato, non c'è dubbio, ma finalmente il piccolo Napoleone dei motori non vedrà nessuno seduto più in alto di lui...

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