Gli ultimi guai di Mosley
Mentre Button stendeva il velo sul Mondiale 2009, l'auspicio di tutti era che, dal 2010, si tornasse finalmente a parlare solo di sport, dimenticando tribunali, elezioni e regolamenti folli. Dal 2010, appunto, perché la coda di questa stagione rischia di allungarsi ben oltre l'ormai ininfluente Gp di Abu Dhabi. E ancora una volta sarà una coda di ricorsi, carte bollate e polemiche. Protagonista, manco a dirlo, il solito Max Mosley. Il quale solo pochi giorni fa aveva espresso il desiderio di fare finalmente un passo indietro. Facile, quando ormai i conti personali sono stati regolati e si è quasi sicuri che, nelle prossime elezioni Fia di venerdì, sulla propria poltrona di presidente si siederà il fido Jean Todt. Solo che i nemici non si sono dimenticati dell'avvocato inglese, e hanno deciso di rendergli indigesti gli ultimi giorni di mandato. Il primo era stato Ari Vatanen, ex rallista finlandese rivale di Todt nella corsa alla presidenza Fia. Vatanen non ha gradito il fatto che Mosley si sia apertamente schierato con l'avversario e l'abbia fatto in una maniera non proprio da «gentleman». L'inglese, infatti, ha scritto una lettera alle federazioni che avevano appoggiato l'ex rallista minacciando una velata ritorsione perché «Vatanen perderà, e perderà male». Il finlandese ha così deciso di cautelarsi rivolgendosi al Tribunale delle Grandi Istanze di Parigi per chiedere maggiori garanzie di correttezza nella corsa alla presidenza Fia. Proprio lo stesso Tribunale che, oggi, comincerà a esaminare il ricorso di Flavio Briatore contro la radiazione a vita dalla Formula Uno per il «Singapore-gate». Il manager torinese contesta la sentenza in tre punti: il giudice - Mosley - non è stato imparziale perché mosso da desideri di vendetta personale; i diritti della difesa non sono stati rispettati perché nella convocazione consegnata all'imputato non erano menzionate né le motivazioni né gli indizi raccolti a suo carico; una sentenza illimitata come la radiazione a vita è contraria alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Considerato che il processo contro Briatore è stato tutt'altro che limpido - si è basato sulle dichiarazioni di Symonds e Piquet jr discordanti in più punti e la deposizione chiave di un non meglio identificato «testimone x» è stata raccolta telefonicamente - è probabile che la Corte di Parigi dia alla fine ragione al manager torinese. Che chiede l'annullamento della sentenza e un risarcimento di circa un milione di euro per danni d'immagine. Briatore ha chiesto il rito accelerato e la decisione potrebbe arrivare nel giro di un mese. A meno che Todt, qualora eletto, decida di ridurre la punizione, passando dalla radiazione a una squalifica di pochi mesi. Un atto di pacificazione che sarebbe solo il primo passo verso un circus più attento allo sport e finalmente libero dai tribunali.