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Altra domenica infame per la classe arbitrale

San Siro, Milan-Roma: proteste dei giallorossi con l'arbitro Rosetti (Foto-Gmt)

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Paga una pesante cambiale, la Roma, alla legge dei grandi numeri. Dopo tre vittorie consecutive a San Siro, cade di fronte al Milan. Non basta un primo tempo sontuoso, non bastano occasioni mancate, grandi parate di Dida, un rigore netto negato a Menez. Nella ripresa ancora più decisivo Rosetti, a chiudere la domenica infame degli arbitri, rigore regalato ai rossoneri, poi la rabbia della Roma genera un'offensiva un po' dissennata, Ronaldinho e Pato inventano il sorpasso. Ranieri non è più imbattuto, dopo cinque episodi positivi dal suo arrivo sulla panchina lasciata vuota da Spalletti.   La felice vena di Menez, croce e delizia, aveva illuminato a lungo la Roma, poi gli episodi hanno determinato la svolta in negativo. Qualche cambio indovinato, Guberti, qualcuno imbarazzante, Julio Baptista, non sono mancate le possibilità di aggancio, stavolta la fortuna ha voltato le spalle ai giallorossi. Reso prezioso, il ritorno del campionato, da una serie di gol spettacolari, che le pur numerose prodezze dei portieri non hanno potuto bilanciare. Dejan Stankovic era stato l'apripista: felice connubio, il suo gol da metà campo a Marassi, di intuizione, prontezza di riflessi, ispirata esecuzione balistica. Tanti gli emuli domenicali, primo posto del podio quasi obbligato per la soluzione acrobatica del cagliaritano Dessena, splendidi i quattro gol di Udine, a sancire la prima vittoria dell'Atalanta di Conte.   Da applausi anche lo schema della punizione del Catania, copione studiato e recitato senza una sbavatura, quattro tocchi volanti a regalare il primo gol in Serie A ad Adrian Ricchiuti, vechio pirata tra i cadetti. Dunque regali a raffica allo spettacolo, i soli renitenti a esibire le loro doti, delle quali non è lecito dubitare, sono stati gli arbitri. E proprio da una direzione di gara è d'obbligo partire, perché è quella che ha negato la riconquista della vetta, a braccetto con l'Inter, alla Samp, magra la consolazione di guidare il gruppetto dei segugi a caccia della solitaria capolista. Orsato ha mortificato la sfida, che le protagoniste avevano onorato al meglio, almeno per lunghi tratti, al di là di qualche impaccio tattico. Che ha frenato soprattutto la Lazio, al solito straordinaria nella fase offensiva, ma ancora una volta colpevole di non avere tradotto in cifra utile le occasioni. Orsato ne ha indovinate pochissime, ma il guaio maggiore lo ha procurato una tardiva presa di coscienza degli errori commessi. Legittimo il rosso per Padalino, vistose le proteste doriane mentre in situazioni di segno inverso i laziali erano molto più morbidi e arrendevoli. Poi però il compenso è arrivato con la ridicola espulsione di Baronio a ristabilire la parità numerica, a quel punto l'arbitro ha stabilito che la Samp fosse stata risarcita e ha ignorato due colossali rigori, setto nasale di Pazzini frantumato dal pugno di Muslera in uscita, ingenuo quanto plateale fallo di Diakite. Puà anche starci, il pari, ma come indica la classifica la Samp attuale è più squadra di una Lazio che deve assestare il suo centrocampo, masochisticamente orfano di Ledesma. Per chiudere il capitolo arbitrale, a Verona il verde Candussio ha consentito per due volte a Donati di giocare a volley nella sua area, per il Bari prima vittoria esterna. Salgono Parma e Palermo, primo squillo per il Catania, a zero vittorie resta il solo Livorno, salvezza problematica.

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