Juventus-Fiorentina la partita degli ex

TORINO - Obbligatorio ripartire. La Juve che non vince da un mese ospita oggi la Fiorentina di una nutrita colonia di ex, Prandelli e Mutu in testa oltre a Zanetti e Marchionni. Dall'altra parte Chiellini e Felipe Melo, per tanti duelli avvicenti «Noi siamo convinti della bontà delle nostre scelte e di essere una squadra vera, non certo quella vista a Palermo prima della sosta», è il parere di Ferrara. E comunque, dati alla mano: Gilardino ha segnato 4 gol in 5 giorni con l'Italia mettendo in un angolo proprio il fantasma (non solo azzurro) di Amauri, mentre Zanetti ha finora offerto un rendimento superiore a quello di Felipe Melo nonostante sia costato ai viola 23 milioni in meno di quanto la Juve ha speso per il brasiliano. I bianconeri ritrovano tra i convocati Sissoko, assente da sette mesi, ma a centrocampo il ballottaggio è tra De Ceglie e Poulsen. Ferrara professa ottimismo e, diplomaticamente, difende gli sfoghi degli amici Maradona e Lippi: «A me piace vedere l'allenatore che difende la propria squadra e le proprie idee. Anche a costo di essere troppo duri con l'esterno». Viva la simpatia, allora. E avanti di nuovo con il campionato, dove la Juve è chiamata a lanciare segnali di vita importanti in attesa poi, mercoledì, di riprendere la marcia anche in Champions contro il Maccabi. «La vera Juve non era quella di Palermo, magari neppure quella di Roma: potrebbe essere qualcosa in più. Il campionato pronuncia verdetti continui. Le nostre ambizioni non sono cambiate. Nei quindici anni di Juve che ho vissuto io c'è sempre stata qualche partita storta, ma la nostra miglior caratteristica è sempre stata quella di riprenderci subito». Con Diego al top, magari sarà facile anche questa volta: «Lui sta bene, anche se una certa amarezza dopo Palermo era comprensibile visto che il cambio è avvenuto per ragioni tecniche e non fisiche. Non è comunque giusto che si riconducano al suo stato di forma tutti i nostri successi o insuccessi. I risultati della Juve dipendono anche da come lavorano tutti i suoi compagni: poi è chiaro che, giocando in quel ruolo, lui deve star bene per farci fare il salto di qualità». Senza fare tragedie, però, il tempo pare già essersi ristretto e servono segnali forti. In attesa magari che il rientro di Sissoko regali energia nuova e un modulo diverso – il 4-2-3-1 - che libererebbe da troppi compiti tattici gli esterni di centrocampo e che permettesse a uno tra Trezeguet e Amauri di occuparsi solo e soltanto di buttarla dentro.