Stress Mondiale, allenatori in tilt
Li hanno chiamati «sfoghi mondiali». Da Parma a Montevideo due campioni del mondo - l’uno da allenatore, l’altro da calciatore - appena incassata la vittoria, passata la paura e la tensione, hanno dato fiato alle trombe, alzando i toni, spruzzando veleno, diventando volgari. Insomma, come si dice a Roma: «so sbroccati». Marcello Lippi e Diego Armando Maradona, per ragioni diversissime, eppure uguali, hanno raccontato nel breve lasso di poche ore, da una parte all'altra del mondo, quanto il mestiere del commissario tecnico sia stressante, esagerato, faccia covare nella pancia dei mal capitati tensioni che potrebbero sfociare come minimo nell'ulcera. Ma dato che hanno personalità e carattere, la rabbia viene vomitata senza regole, proprio come si fa negli involontari singulti durante una colica. Eppure, tra le pieghe di queste parole in libertà, ci sono bei distinguo. Cominciamo dal Pibe. Sull'orlo del baratro per tutto l'anno, il cittì che non è un allenatore, ha visto sfarinare attorno a sé per intero l'orgoglio e la presunzione calcistica tipica degli argentini. A dispetto del miglior giocatore del mondo, Messi, e di una colonia di fenomeni che farebbe venire il mal di testa a chi deve scegliere gli undici da mandare in campo, Maradona s'è incartato. Sconfitte pesanti (6 a 1 dalla Bolivia, altro che Corea) prove incolori, salvataggi in extremis - il gol in semi-fuorigioco di Palermo (36 anni, soprannominato El Loco, il Matto, attaccante di carattere ma molto bollito), sabato notte contro il Perù, hanno messo kappaò il mito di Maradona cittì. E conoscendo Diego e tutta la letteratura sul campione vilipeso e poi vincente, il quarantanovenne che ne ha passate di tutti i colori vedendo la morte in faccia per cocaina almeno tre volte, dopo il successo di mercoledì notte con l'Uruguay ha mollato una gragnola di insulti agli argentini che non credevano in lui, che non lo hanno sostenuto, che volevano il suo esonero prima di questa tribolatissima qualificazione al Mondiale. Non è giustificato il suo gesto, le colpe ci sono e sono tante, ma nell'enfasi del personaggio - quello che prendeva a fucilate i giornalisti fuori dalla sua Estancia in Baires - ci sta tutto. Calza a pennello, come una scarpa su misura: Maradona l'eccessivo, non poteva ringraziare e pensare al Sud Africa. E poi consideriamo anche questo: sull'orlo di una eliminazione vergognosa, il salvataggio ha scaricato endorfine micidiali per uno come Diego che l'equilibrio - non essendogli mai stato presentato - non lo conosce proprio . Discorso diverso per Marcello Lippi. I Mondiali dell'82 e del 2006 vinti in piena sindrome da accerchiamento - stampa ostile, Calciopoli - sono cattivi consiglieri. Non sempre avere polemiche in casa, paga. A Parma i cori della «gente» come la chiamano con disprezzo quelli che sono convinti di conoscerne tutti i pensieri e gli umori, non erano campati per aria. Già qualificati, contro Cipro abbiamo fatto una brutta figura con le seconde linee. Santo Giardino ha evitato la macchia di una sconfitta, ma questa Italia senza gioco e senza passioni (al netto di parole, sponsor e luoghi comuni) non piace alla «gente». Il caso Cassano, poi, per uno che dice di amare i tormentoni - quando riguardano Totti - caso non è. Se poi Lippi, che del calcio conosce vita, morte e miracoli, pretende cultura sportiva dalle nostre curve, dovrebbe guadagnarsela con altri discorsi, non incentrati solo ed esclusivamente sugli allori conquistati (e vecchi di quattro anni), ma anche e soprattutto con ragionamenti ficcanti. Come quello di un calcio italiano «scarso», dove i talenti mancano anche e soprattutto perché i nostri presidenti preferiscono andare sul sicuro con gli stranieri invece di puntare sui giovani. L'Under 20 di Rocca e l'Under 21 di Casiraghi schierano nomi che non trovano quasi mai spazio nelle formazioni della domenica. Ma dato che Lippi è orgoglioso e presuntuoso (anche se ieri, pressato dall'opinione pubblica e dalla Federazione, ha corretto un po' il tiro), ecco che il ragionamento sfocia nell'arroganza: quello che è permesso a me (Lippi), non è permesso alla gente (i tifosi di Parma). Un salto di qualità - per nulla qualitativo - nell'obiettivo da colpire, come accerchiante: dai giornalisti, ai tifosi. Sfoghi mondiali? Certo. Ma per dirla col dialetto romano che spesso regala magnifiche vette di sintesi, Lippi e Maradona «so sbroccati». Marco Cherubini