Un incremento costante dal 1980
Ieri,nella Sala d'onore del Coni, le atlete e le sportive «comuni» sono al centro degli ultimi studi accademici sul mondo sportivo femminile. E' l'inizio di una nuova era, dove il «gentil sesso», sembra non essere più così gentile, ma irrompe prepotentemente sulla scena sportiva conquistando spazi che, in un tempo ormai lontano, erano prerogativa dei soli uomini. Le Olimpiadi di Pechino 2008 hanno registrato il 43% di presenza femminile e da recenti studi Istat risulta un notevole incremento delle donne in tutte le pratiche sportive anche non agonistiche. Il seminario internazionale introdotto da Raffaele Pagnozzi, segretario generale del Coni, ha visto l'intervento di direttori tecnici nazionali come Massimo Barbolini, c.t della federazione italiana di pallavolo, ma anche stranieri come John Smith, allenatore del campione olimpico Maurice Greene. Potenza e forza fisica, fibre e struttura muscolare della donna a confronto con quella maschile sono oggetto di studi da parte del Prof. Ulrich Hartmann, direttore dell'Istituto di Scienze motorie e scienza dell'allenamento. «Gli uomini hanno maggiori possibilità delle donne in sport dove si usa la parte superiore del corpo - spiega il tedesco Hartmann - la distanza tra donne e uomini nei record mondiali si sta restringendo». A fare il punto sulla presenza femminile a Pechino è il Segretario Generale Pagnozzi: «Su 347 atleti, le donne erano ben 132. Per Londra 2012 non solo è previsto un aumento della loro presenza fino ad un 45% ma secondo alcune proiezioni potrebbe esserci il sorpasso nel medagliere delle donne sugli uomini». Un accento sulla relazione tra allenatore-atleta donna e sulle caratteristiche psicologico-comportamentali delle sportive, viene posto da Bruna Rossi, docente di psicologia e docente alla scuola dello sport di Roma. «Sono almeno 7 le variabili che intervengono su un'atleta donna: il contesto socio-culturale, la mascolinità più o meno accentuata dello sport praticato, il tipo di sport individuale o di squadra, l'età dell'atleta, il livello di prestazione raggiunto ed infine le caratteristiche di personalità e cognitive delle atlete. Infine è molto importante il rapporto che si instaura tra l'allenatore e l'atleta - chiude la Bruni - ed anche qui intervengono molte variabili. In generale possiamo dire che è molto difficile allenare una squadra di donne, perché queste per natura, sono inclini a creare dei sottogruppi difficili da gestire».