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Viaggio all'interno dell'atletica leggera italiana allo sbando

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Gliosservatori più avveduti non ne avrebbero tratto messaggi più consolanti se dal cielo tedesco fossero piovute un paio di medaglie. Non sarebbe accaduto neanche se una gestione meno dissennata del miglior talento italiano, Andrew Howe, avesse sottratto l'atleta al blocco agonistico stagionale. Berlino a parte, l'atletica italiana è in realtà in crisi da tempo. Stando alle reazioni che la dirigenza federale offre del suo stato di salute, non si intravedono motivi tali da indulgere all'ottimismo. La relazione offerta all'attenzione dell'ultimo Consiglio federale è un imbarazzante encefalogramma: unica nota di rilievo, non certo rassicurante, l'aver tacciato di populismo quanti avevano mosso critiche all'indomani dei risultati berlinesi. Per analizzare la crisi, abbiamo aperto la pagina all'opinione di tre personaggi storici della disciplina. Carlo Vittori, eccellente passato da agonista segnato dalla conquista di due titoli nazionali in velocità, oltre quaranta anni di pratica tecnico-pedagogica che ne hanno fatto punto di riferimento per intere generazioni di allenatori. Vanni Lòriga, decano dei giornalisti di atletica, nove Giochi olimpici sulle pagine del Corriere dello Sport, prima a fianco di Antonio Ghirelli, poi di Giorgio Tosatti. Il terzo personaggio è Giacomo Crosa, tra i migliori prodotti della Scuola dello Sport, finalista sulla pedana del salto in alto ai Giochi olimpici di Città del Messico, da anni prima firma giornalistica nelle reti Mediaset. Tre vite dedicate allo sport, tre versioni per marcare lo stato di salute della disciplina. Vittori, sottraendosi, crediamo con fatica, alla critica, traccia le vie per arginare le carenze del settore tecnico indicandone strategie e strumenti di ripresa. Lòriga, da matematico, offre la cifra incontestabile dei numeri e dei riferimenti statistici. Crosa, infine, denuncia senza mezzi termini la diffusa mediocrità dell'apparato federale e la necessità di un cambio radicale in uomini e indirizzi. Opinioni e contributi su cui riflettere, sia ai vertici federali, ove ne avvertano l'utilità, sia nelle sale ovattate del Comitato olimpico, dove spesso il bilancio dell'attività di una federazione è ridotto a mero esercizio contabile.

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