Roma60 sia da esempio

Volatia Rio i Giochi del 2016, l'Europa, e l'Italia, preparano armi e bagagli in vista del successivo quadriennio. Sostenute dalle istituzioni territoriali locali e da organismi imprenditoriali, Roma e Venezia hanno dichiarato le intenzioni di candidarsi. Uscita stritolata dal ballottaggio finale con la capitale sudamericana dopo aver rimarginato con autorità le cicatrici del precedente epilogo negativo sofferto per i Giochi del 2012, non è escluso che Madrid non solo ripresenti con orgoglio la propria candidatura, ma possa arricchirla di un manifesto elettorale che andrebbe molto al di là della innegabile suggestione dello slogan: è morta Madrid 2016, viva Madrid 2020. Se la tenace reiterazione della capitale spagnola potrebbe costituire di per sé una temibile alternativa per qualsiasi concorrente, ancor più temibile dovrebbe rivelarsi l'ingresso nella disputa del Sud Africa. Incerte le sedi, Johannesburg o Durban. Ma pesante l'impatto rappresentato dalla candidatura di un continente, unico, tra i cinque, finora trascurato nelle assegnazioni e quindi in condizione di colmare un vuoto ultracentenario. Come il Brasile, prima dei Giochi olimpici il Sud Africa sarà teatro, nella prossima stagione, della Coppa del mondo di calcio. Traguardo organizzativo di grande delicatezza, il cui esito non mancherà di incidere profondamente, nel bene e nel male, in vista della candidatura olimpica. Doha, capitale del Qatar, uscita di scena nelle fasi preliminari del conto alla rovescia per i Giochi del 2016, punterà all'edizione successiva. Chi mostra ancora incertezza è Tokyo, altra sede sconfitta a Copenaghen, con un primo ministro appena nominato e uscito perdente, sia pure con dignità, nella prima apparizione internazionale. Il ventaglio delle concorrenti, quello fin qui acclarato, è dunque fin troppo nutrito, e sarebbe poco responsabile, da parte italiana, sottovalutarne la portata. L'ipotesi veneta, del tutto nuova, è interamente da verificare. Affascinante è la firma della città che si propone come apripista del comparto regionale, ma è chiaro che Venezia, di per sé, non va oltre la suggestione della vetrina. Sul piano organizzativo, Roma ha molti precedenti. Ultimi, nel ventennio, i Mondiali di calcio del 1990 e quelli, recenti, della consorella natatoria. Furono e sono, entrambi, precedenti tutt'altro che esemplari, con uno stadio olimpico costato tre volte più del previsto e con tratti estetici da metanodotto, con miliardi spesi per stazioni mai utilizzate e sentine di rifiuti internazionali, con la città di Tor Vergata bloccata a metà lavori, con impianti natatori disinvoltamente allestiti, buchi di bilancio e dispute di bassa lega. Ma c'è, in questione, un precedente illuminante, quando nel 1960 l'intera Italia si adoperò per fare della sua capitale, per una stagione, il centro olimpico mondiale. In quella occasione, il governo assicurò i sostegni necessari. La città, con il suo Sindaco, affiancò in piena dignità di ruolo la dirigenza sportiva nelle vice presidenze del comitato organizzatore. Il CONI, in testa Onesti e Zauli, fece interamente il suo mestiere. Ma fece qualcosa di più: convinse Giulio Andreotti a indossare il laticlavio e a farsi garante dell'autonomia operativa dell'apparato. Ma il senatore a vita forse non ha più l'età.