Rio 2016 chiama Roma 2020
Ha prevalso l'esotismo, la fantasia, la novità della prima volta e l'avventura nella città e nel Paese del caffè e del tabacco, del carnevale e del pan di zucchero, del samba e del più elevato tasso di criminalità registrato tra le città candidate. Ha prevalso sulle certezze organizzative e finanziarie e sull'affidabilità degli impianti garantite dall'imponente copertura finanziaria della capitale giapponese e sui giochi della gente, come sottolineato nel biglietto da visita presentato dalla Madrid della Nuova Castiglia, della Puerta del Sol e del Palazzo Reale, la Madrid che ha contrastato fino all'ultimo, nel ballottaggio finale, l'affermazione sudamericana. Un ambo perfetto, con il rifugio dorato già assicurato dall'organizzazione della Coppa del mondo di calcio del 2014, per la vitale e irrequieta Rio de Janeiro e per un Brasile in ascesa. Un innegabile successo personale per il presidente Luiz Inácio Lula da Silva, unico tra i grandi della terra, diversamente da José Luis Zapatero, da Juan Carlos, da Yukio Hatoyama e soprattutto da Barack Obama, capace nell'occasione di dichiararsi rappresentante del migliore dei mondi possibile e di convincere, sull'assunto, l'uditorio dei grandi elettori del Comitato olimpico internazionale. Grande sconfitto, su tutti, spiazzando osservatori e bookmaker e sicuramente se stesso, il presidente statunitense, la ricchezza nordista d'oltre Oceano, lo spirito di conquista e l'epos di un capo di Stato che ha impegnato nell'avventura olimpica, tutti interi, il proprio carisma e l'azzardo delle capacità di seduzione della moglie Michelle, rischiando l'immagine di uomo coinvolto ancora una volta in un esercizio da primo della classe, la cui solidità esce sicuramente minata dal pesante esito registrato ieri pomeriggio nel Bella Center della capitale danese. Nell'illustrare personalmente le caratteristiche della candidatura della città dell'Illinois, il presidente degli Stati Uniti non è stato capace di assicurarsi il credito sufficiente non solo per giocarsi l'assegnazione olimpica nel ballottaggio finale ma anche per evitare il rischio dell'umiliante eliminazione al primo turno. Chicago ha pagato i problemi emersi ad Atlanta nel '96, la percentuale eccessiva pretesa dal Comitato olimpico statunitense sulla divisione dei diritti televisivi e degli sponsor, le perplessità legate al comportamento futuro della NBC, legata al CIO fino al 2014 e incerta sul futuro, l'ipotesi della nascita, localmente, di una rete televisiva olimpica. Una città ha vinto, due hanno perso, accompagnate nel dolente percorso di ritorno verso la Spagna e l'Estremo Oriente nipponico. Per la quarta, più che di un dolente ritorno è corretto scrivere di funerale, troppo forte essendo la mortificazione subita. A margine della riunione di Copenaghen e dell'affermazione di Rio de Janeiro, sul cui ballottaggio finale hanno pesantemente influito i voti espressi dai rappresentanti europei, italiani in testa, si dilatano alle città del continente - Roma compresa, con l'aggiunta dell'ultima ora di Venezia - le porte a concorrere ai Giochi olimpici del 2020, diversamente sbarrate ove fosse prevalsa la candidatura della capitale spagnola. Augusto Frasca