Fabrizio Fabbri Un italiano in cima all'Europa del basket, confuso tra le furie rosse.
Chissàse nel 1997 quando lasciò Pesaro, dopo averle regalato uno scudetto, Scariolo poteva immaginare di essere il coach che avrebbe condotto la Spagna al titolo continentale. Prima a Vitoria, poi a Madrid ed infine a Malaga s'è fatto apprezzare rimpinguando il palmares suo e dei club con due titoli spagnoli e due Copa del Rey per poi accettare una nuova sfida finendo al freddo di Mosca, sponda Khimki. Quindi l'investtutra a coach delle furie rosse per provare a conquistare quel titolo europeo sfuggito nel 2007 nell'ammutolita arena di Madrid per colpa della Russia di Blatt. Un avvio difficile in Polonia con la sconfitta con la Serbia e quella con la Turchia di Tanjevic. Dubbi scacciati quando la sintonia con il suo fuoriclasse, Pau Gasol, è esplosa per puntare dritti alla vittoria. Dai quarti in poi un cammino trionfale, puntando su una difesa insuperabile e sul talento di una squadra spettacolare. 20 punti alla Francia di Parker, quindi 18 alla Grecia in semifinale fino all'atto conclusivo, un monologo, con l'85-63 ai bambini terribili della Serbia che forse avranno rimpianto lo sgarbo fatto nella gara iniziale. «Voglio dividere questo momento con il mio staff, fondamentale per il successo. E ringraziare la Federazione spagnola per avermi concesso di guidare una Ferrari». Così parlò Sergio Scariolo. Uno che, come Ettore Messina, ha evidentemente le idee troppo chiare per essere messo a capo di un progetto di rilancio del basket italiano.