Le due facce della disfatta Capitale
C'era una volta uno splendido copione, che aveva ispirato interpretazioni da trionfale ribalta. Molti degli attori sono gli stessi, la recitazione è diventata da guitti da fiera paesana. Non allarma tanto l'avvilente sconfitta all'esordio nella fase a gironi dell'Europa League, a Basilea, mica a Manchester, quanto l'assenza di qualsiasi idea, prospettive allarmante per il futuro. E non soltanto per quello immediato, che parla di Fiorentina all'Olimpico, ma per l'intera stagione, segnali inquietanti che richiamano l'incubo di una salvezza raggiunta con la lingua di fuori, dopo il valzer degli allenatori, quattro tra professionisti e apprendisti stregoni. Ragazzi che giocavano a memoria, muovendosi con straordinari sincronismi, spettacolo e gol, questa era la Roma di Spalletti, prima che un mercato estivo infelice, anche se celebrato, modificasse equilibri e umori dello spogliatoio, producendo comunque un sesto posto e una presenza in Europa. Illuso, e tradito, dalle promesse societarie, Spalletti si è infine arreso, Ranieri ha raccolto il testimone modificando gli assetti. Forse non avrebbe potuto fare diversamente, secondo la sua filosofia tattica, ma la squadra non è stata capace di raccogliere un messaggio trasmesso in una lingua sconosciuta. Questo il senso del disastro in Svizzera, pochissimi quelli da salvare. Bocciatura per Menez, Baptista ancora in Brasile, Pizarro in posizione sgradita, record di passaggi sbagliati, da salvare Burdisso e pochi altri; come Totti per un paio di tiri e una traversa, o il povero Vucinic, mai raggiunto da una palla giocabile. Dovremo essere, ha detto Ranieri, più pratici, più cinici, meno belli. Meno di così? Neanche la Lazio sembra voler dedicare attenzioni particolari alla parentesi europea, però almeno la sua sconfitta interna suona beffarda. Quasi latitante per tutto il primo tempo, la Lazio si trasforma con l'ingresso di Foggia, che sigla anche il vantaggio. Gli austriaci rischiano la goleada, tante le occasioni mancate, li rimette in pista un'incertezza di Bizzarri, nel recupero altro gol fortunoso, in dieci minuti, laziali dall'euforia alla depressione. Non era serata, per il calcio capitolino. Ma almeno la Lazio si può concedere qualche rimpianto, troppo severa la punizione per un paio di vacanze mentali. L'inguardabile Roma non ha neanche questa piccolissima consolazione.