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La malattia italiana si chiama «esterofilia»

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Holetto che Gianni Petrucci al momento non è preoccupato, probabilmente spera nello stellone che per la verità non ci ha mai abbandonato a leggere con attenzione i risultati delle ultime Olimpiadi. Dove però siamo rimasti a casa in alcune discipline che pure in passato ci avevano regalato importanti soddisfazioni. Le delusioni più cocenti e più gravi vengono dal basket e dalla pallavolo. Facilitati da molte defezioni nel basket avevamo conquistato una medaglia d'argento ai Giochi di Mosca. Nella pallavolo non abbiamo mai vinto l'oro ma eravamo favoriti ad Atlanta quando abbiamo mancato un match point contro l'Olanda. Tra le varie spiegazioni offerte in questi giorni ce n'è una che assorbe tutte le altre. Abbiamo spalancato le porte dei nostri campionati agli atleti stranieri dopo di che ci sorprendiamo se non siamo in grado di mettere in campo una nazionale decente. Resistiamo nel calcio perchè ragazzi di talento ne avremo sempre per riempire i pochi spazi che l'esterofilia dei nostri dirigenti lascerà liberi, ma il solo fatto che ad alto livello dirigenziale, dopo avere italianizzato Cammoranesi , sia sia pronti a farlo con Amauri la dice lunga sulle linee guida che siamo disposti a seguire. Quanti minuti sono stati in campo i giocatori italiani di Siena e Milano che hanno giocato l'ultima finale scudetto del basket? Per rendere ancora più drammatica la situazione alcuni osservatori hanno voluto includere tra le discipline nelle quali siamo a terra il rugby, ma è un discorso diverso perché nel rugby non abbiamo né scuola, né tradizione, né tecnici. Nel basket e nella pallavolo, invece, i tecnici li esportiamo ma forse ci mancano i talent scout che non sanno fare il loro mestiere che è, .come dice la definizione, quello di scovare i talenti che pure ci dovrebbero essere, nascosti da qualche parte. Le responsabilità non sono soltanto del Coni. Credo infatti che anche la critica si sia accorta in ritardo di quello che oggi è sotto gli occhi di tutti. Il calciomercato che ormai è diventato la materia più diffusa nei nostri quotidiani sportivi, suggerisce ogni giorno nomi esotici, mai una rassegna dei migliori giovani dei campionati minori. Sono anche convinto che se Abete e Lippi decidessero di vestire in azzurro Amauri, riceverebbero più applausi che critiche. La verità è che siamo ammalati di esterofilia e che forse è troppo tardi per chiudere la stalla.

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