Maradona, ora serve una magìa
E ora, Dieguito, come la mettiamo? Quale maleficio si addensa sul cammino di un'Argentina che nel giro di 5 mesi si ritrova con un piede fuori dal Mondiale, dopo essere stata virtualmente promossa per tutta la prima parte delle qualificazioni? Quale oscura forza avversa mette la Selección albiceleste, che fino a marzo precedeva anche il Brasile nell'infernale (18 gare da giocare) girone eliminatorio sudamericano, a dover dipendere da quel che faranno Ecuador, Uruguay, Venezuela e Colombia? Un simile tracollo di risultati (2 vittorie e 4 sconfitte - un pesantissimo 1-6 in Bolivia, uno 0-2 in Ecuador, l'1-3 casalingo col Brasile e l'ultimo 0-1 in Paraguay, l'altra notte), peraltro in assenza di un gioco che giustifichi speranze per il futuro, altrove avrebbe portato dritto all'esonero del ct. Ma altrove il ct non si chiama Maradona. Come si fa a mettere in discussione un uomo venerato dalla sua gente (che lo voleva Presidente della Repubblica), ma che ora si trova faccia a faccia con la prospettiva di un fallimento? Ora il popolo, atterrito dalla prospettiva di non essere al Mondiale pur potendo schierare un fenomeno come Messi (finisse oggi, l'Argentina dovrebbe spareggiare con Costarica o Honduras per staccare il biglietto), inizia a voltargli le spalle. I giornalisti di sicuro: squadra sbagliata, scelte discutibili, nessuna disponibilità a tornare sui suoi passi (ma sennò non sarebbe Maradona). Il sospetto che la regola «campioni in campo, ciofeche in panchina» risulti confermata anche per il dio del calcio, si fa strada. Può essere Mondiale senza l'Argentina? Ma può essere Argentina senza Maradona? Restano soltanto due partite, tra un mese si chiuderà il girone e ne sapremo di più: per Diego, visibilmente invecchiato in queste ultime settimane, saranno passati altri 10 anni.