Quel record d'altri tempi
Un centesimo l'anno. Undici, in totale. Quanti gli anni trascorsi dal primato di Tommie Smith, realizzato sulla stessa pista nel 1968. Undici centesimi, dal 19.83 del nero, statuario statunitense di Clarksville al 19.72 realizzato dal pugliese Pietro Mennea. Città del Messico, 12 settembre 1979, trenta anni dalla realizzazione di un'utopia entrata nella testa di un sedicenne inchiodato all'immagine televisiva di un uomo che tagliava il traguardo a braccia alzate prima di salire sul podio denunciando dinanzi al mondo le segregazioni razziali del suo paese. Il primato di Mennea fu una pietra miliare dello sport italiano e l'acuto delle Universiadi costruite nell'altopiano centro-americano dalla fantasia, dall'intuito, dalla lungimiranza di Primo Nebiolo. L'eccezionalità della prestazione fu tale che si resero necessari diciassette anni prima che un velocista dall'andatura impettita e sgraziata a nome Michael Johnson, con il 19.66 realizzato sulla pista di Atlanta, ne aggiornasse la portata cronometrica. Fu uno degli esiti culminanti della feroce applicazione con cui per anni l'atleta varcò quotidianamente, a Natale, a Pasqua ed Ognissanti, con la severità di un cenobita, i cancelli della Scuola nazionale di atletica di Formia, sempre avendo al fianco l'impegno inflessibile e generoso di un tecnico della qualità di Carlo Vittori e l'allenamento quale unico strumento di cura d'una voglia atavica d'emergere. Dell'eccezionalità di quella prestazione Pietro Paolo Mennea aveva colto anticipazione l'anno precedente sulla pista di Praga, polverizzando la concorrenza continentale con la doppia affermazione sui 100 e 200. Avrebbe aggiunto, l'anno dopo, il colore ed il calore del successo olimpico firmato sulla pista di Mosca sulla sua distanza preferita. Mennea raggiunse i vertici internazionali della velocità venti anni dopo che un altro italiano, Livio Berruti, s'era sbarazzato ai Giochi del 1960 dello strapotere americano cogliendo vittoria olimpica e primato mondiale sulla pista di Roma. Carriere strepitose, entrambe, quelle del torinese e del barlettano. Di difficile comparazione. Primo italiano olimpionico in velocità, Berruti fu protagonista di un atto unico, dunque irripetibile. Ma Mennea fu artefice di una carriera che segnò un'epoca intera dell'atletica e dello sport italiano.