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Che tristezza l'ingratitudine della proprietà

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Checosa conta la gratitudine per quattro anni da favola? Oppure per un gesto significativo come quello delle dimissioni, istituto poco noto in Italia, con la rinuncia a una manciata di milioni? Accanto a Claudio Ranieri, nuovo nocchiero, la società ci ha messo la faccia con il suo massimo esponente, la dottoressa Sensi. E si è rivelata una faccia tutt'altro che tenera, anzi bella tosta. Non si sarebbe mai aspettata, ha proclamato imbronciata, che Spalletti «abbandonasse la nave». Il buon cuore degli interlocutori le ha risparmiato lo scomodo accostamento a quelle carrette dei mari che costano la vita a tanti poveretti alla ricerca di uno spiraglio di speranza. Mi perdonerà Claudio Ranieri, amico di antica data, se gli sottraggo il naturale ruolo di protagonista della conferenza stampa, la precedenza tocca alle affermazioni del numero uno romanista, che pensa forse di rivolgersi a una platea di deficienti. Il mercato? Degli obiettivi programmati «alcuni sono stati raggiunti, altri no». Sulla prima affermazione pesa la tara dei prestiti a costo zero e perfino del generoso obolo di Massimo Moratti, sugli obiettivi non raggiunti (ammesso che esistessero) meglio stendere un velo pietoso. Prima di salutare correttamente, Spalletti aveva forse sperato fino all'ultimo istante in quella famosa prima punta neanche lontanamente intravista. Però, obietta Rosella Sensi, siamo riusciti a non vendere nessuno «eccetto Aquilani, Panucci e Montella». Alla dialettica e alla chiarezza di Ranieri è invece difficile muovere appunti. Si sono avvertite sincerità e convinzione nella celebrazione del gioco di Spalletti, compresa la poco confortante previsione che quello spettacolo «spumeggiante» non si potrà rivedere. E questo con tutte le doverose cautele sugli indirizzi tattici da parte di un tecnico che ha preso appena contatto con i suoi nuovi discepoli, molti dei quali assenti per esigenze mondiali. Ho molto apprezzato, personalmente, l'iniziativa di inserire nel suo staff Bertelli, un pilastro della gestione Spalletti, che del resto il tecnico romano conosceva bene. Niente proclami, niente promesse di orizzonti di gloria, la garanzia di un impegno convinto per recuperare un gruppo la cui coesione era andata perduta da qualche tempo. L'augurio di buon lavoro è carico di affetto.

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