Se ne va un grande, per Claudio un'ardua svolta tattica

Ma le dimissioni del tecnico di Certaldo hanno sancito soltanto l'ufficialità di un distacco da tempo annunciato, la legnata contro la Juventus soltanto la spinta risolutiva per un gesto a lungo meditato. Già l'ultima fase della stagione scorsa aveva mostrato il volto di Spalletti meno incoraggiante per i tifosi: lo scontento palese, fiducia nel futuro vicina allo zero. Perfino drastica riduzione di quel ruolo di comunicatore svolto fin dal suo arrivo, visto che in quel settore la società aveva raggiunto livelli che si potrebbero definire da terzo mondo, se il terzo mondo non si offendesse a morte. Luciano Spalletti ha regalato alla Roma quattro stagioni indimenticabili, e non soltanto per i risultati raggiunti, a dispetto della gestione «virtuosa» di una società lontana dalle risorse delle tradizionali corazzate del calcio metropolitano. Ha conquistato, con il gioco raggiunto grazie a un schieramento anomalo, nato quasi per caso per imprevisti buchi di organico, l'ammirazìone dei tecnici e degli appassionati, anche fuori dai confini italiani. Se qualcosa può essere contestato al tecnico uscente, è il ritardo nel ratificare un congedo che si stava tempo materializzando, una volta incrinato senza rimedio il rapporto fiduciario con un club reso asfittico dai debiti, magari estranei al calcio, e da una pesante disorganizzazione. Meglio farlo a fine stagione, ma forse Spalletti, per amore, si è lasciato illudere da promesse che il tifo aveva già battezzato come prive di fondamento. Meglio l'addio al termine della stagione meno felice della gestione, senza concedere ulteriori alibi alla società. Certo, il tifo romanista avrebbe sognato un differente cambio della guardia, purtroppo restano incrollabili i vertici di una gestione fatiscente, ci si dovrà adeguare a una svolta tecnica, e soprattutto tattica. Arriva dunque il vecchio amico Claudio Ranieri, un passaggio di testimone non tanto dalle mani di Spalletti, quanto da quelle di Carletto Mazzone: due «romani de Roma», da un trasteverino a un testaccino, identica la passione per l'amaranto e oro della Capitale. Poiché le propensioni sono difficilmente modificabili, alla ripresa del campionato vedremo in campo una Roma diversa, meno disposta alle concessioni. A quella difensive, certe, ma purtroppo anche a quella spettacolare spavalderia che aveva costituito il connotato costante delle stagioni recenti, tra cui quella dello scudetto mancato, per pura sfortuna, con un punteggio da storico primato. Tutti da scoprire, nel 4-4-2 caro a Ranieri, il ruolo e la posizione di Totti (che, tra l'altro, con il suo stretto legame con la società, ha pesato sull'addio di Spalletti). Prima punta anomala, il compito svolto con il supporto di un talento straordinario, punto di riferimento per gli inserimenti, da stabilire come potrà integrarsi con un'altra punta autentica, si chiami Vucinic o magari Julio Baptista. Logicamente, considerate le difficoltà della passata stagione e il balbettante avvio di quella attuale, le prime attenzioni di Claudio Ranieri, nato attaccante ma presto adeguatosi al ruolo di difensore puro, saranno dedicate al problema delle concessioni che il reparto arretrato giallorosso puntualmente offre a chiunque ne faccia timida richiesta. Compresi avversari improponibili come gli slovacchi del Kosice. Il richiamo a un superiore livello di attenzione sarà per altro indispensabile per tutte le altre componenti della formazione, nessun reparto merita di essere messo sotto accusa senza inevitabili chiamate di correità. Altre cose reclamano correzione, a partire dall'intollerabile atteggiamento di Juan, che alla Roma dedica attenzione soltanto per ritirare lo stipendio. Quello, se vuole, se lo faccia pagare dalla federaziomne brasiliana, la sola che usufruisca delle sue prestazioni sportive. Al concittadino in arrivo, logico rivolgere un affettuoso augurio di buon lavoro. Dopo la sintuosa campagna acquisti che la società ha regalato al suo tifo, avrà bisogno di tanta, tanta fortuna. Gianfranco Giubilo