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Quell'ingaggio sfiorato quindici anni fa

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Giàuna quindicina di anni fa, quando galleggiava fra il Mondiale Turismo (in cui correva per l'Alfa Romeo) e assaggi di F1, fu non casualmente convocato a Maranello per svolgere delle prove sulla pista privata della Rossa, a Fiorano, con la Minardi, di cui era test driver. Alla Ferrari, dove all'epoca io lavoravo, lo conoscevamo bene. L'avevamo anche visto vincere, l'anno prima, un rocambolesco GP di F3 a Montecarlo, una pista fatta apposta per dire quali piloti hanno talento e quali no. Perciò molti di noi tifavano per lui, quella mattina (e figuratevi io, suo omonimo e concittadino!...). Giancarlo si presentò a Fiorano tutto rossori su quel faccino da ragazzino per bene, ma quando salì in macchina e cominciò a girare confermò subito che una volta al volante la sua adolescenziale timidezza si trasformava in furia, elegante ma non per questo meno ringhiosa. Uno, due, tre giri. Sempre più forte, sempre più forte, con la telemetria a non lasciar dubbi. Sosta, regolazioni, e via, ancora più forte. Lo assisteva Gabriele Pagliarini, l'allora capomeccanico della Ferrari, uno che di piloti ne aveva visti tanti e sapeva giudicarli anche da come scaldavano il motore. A un certo punto Pagliarini mi disse: «Dottore, questo è un piombòn!» (i meccanici modenesi chiamano così chi ha il piombo nel piede destro, quello dell'acceleratore). Spingi e rispingi, a un certo punto Fisico esagera. Sbatte subito prima la salita del ponte, e sbatte duro. Cento metri più avanti e volerebbe addirittura sull'asfalto sottostante, ma anche così è una bella botta. Un braccio della sospensione entra nell'abitacolo e, per sua fortuna, invece di tranciarglielo gli passa giusto sotto al ginocchio. La Minardi è da buttare, e il test finisce troppo presto per convincere una Ferrari che già sta pensando al grande nome. Non basta neppure l'appoggio della parte italiana della Philip Morris, principale sponsor della Scuderia, perché la parte inglese non è d'accordo. L'anno dopo Fisichella debutta con la Minardi e poi, nonostante un nuovo test a Fiorano, stavolta proprio con la Ferrari (un test-farsa a tre, lui, Morbidelli e Montervini: roba per i giornali), l'esiziale decisione di mettersi nelle mani di Briatore.

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