Gli italiani «dimenticati» dal calcio
Nell'eradella globalizzazione, che evidentemente non poteva risparmiare nessun settore della nostra vita, è necessario rivedere alcuni concetti che riguardano gli sport di squadra. Personalmente trovo di cattivo gusto ma perfettamente regolare che l'Inter mandi in campo e magari vinca lo scudetto una formazione di undici stranieri né mi scandalizzo se Siena vince il campionato di basket lasciando solo pochi minuti all'unico italiano della squadra. Tuttavia mentre nel calcio riusciamo comunque a vincere, schierando, con la colpevole eccezione di Camoranesi, soltanto calciatori italiani, nella pallacanestro stiamo pagando duramente una politica sulla quale un Coni più attento avrebbe dovuto intervenire. Poiché ho citato Camoranesi, ripeto ancora una volta che mi piace poco sentir parlare con sempre maggiore frequenza di Amauri. A parte il fatto che Camoranesi avrebbe preferito trovar posto nella nazionale argentina, così come Amauri sarebbe stato più felice di giocare con la maglia del Brasile, considero grave dover ricorrere a giocatori di nascita ma soprattutto di estrazione straniera nel nostro sport più popolare. Voglio chiarire che non mi piace nemmeno che nelle nazionali di rugby o di hockey su ghiaccio ci siano giocatori che non parlano nemmeno la nostra lingua. Tuttavia nel calcio non ci sono scuse che tengano anche se in passato abbiamo avuto il coraggio di far giocare in maglia azzurra Sivori, Altafini ed altri campioni stranieri, una ragione di più per non ripetere errori così gravi. Nella prima giornata del campionato di serie A su 21 esordienti soltanto 5 erano italiani, una percentuale che sottolinea una politica alla quale non si sottraggono nemmeno i club di risorse più limitate. Complessivamente tra i 278 giocatori che sono scesi in campo nella prima giornata del campionato di serie A ben 115 (il 41,3 per cento!) erano stranieri. Non so fino a che punto sia vera la giustificazione economica che gli stranieri costino di meno, credo piuttosto che ci sia scarsa attenzione nei confronti del mercato italiano, una responsabilità che non esclude nemmeno la stampa che nei «consigli per gli acquisti» che ormai occupano la prima pagina dei nostri quotidiani sportivi 365 giorni l'anno si suggeriscono solo nomi stranieri. Mi rendo conto che di questi tempi può suonare anacronistico un richiamo all'autarchia, il mio vuole essere piuttosto un richiamo al buon senso.