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Un fenomeno illimitato e la dignità di Antonietta

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UsainBolt, l'uomo più veloce della terra, l'attore stravagante e pittoresco, il dissacratore di avversari e di protocolli, il rivoluzionario delle tabelle cronometriche, ha partorito l'ennesimo prodotto spettacolare, dilatando i suoi interminabili arti inferiori dal primo all'ultimo dei duecento metri nella sua seconda finale nello stadio tedesco. Con un vaticinio perfettamente confermato, Pietro Mennea, antico primatista, sulla stessa distanza, a Città del Messico, dall'alto della sua esperienza aveva anticipato per Bolt la realizzazione di un tempo finale al di sotto del record mondiale appartenente allo stesso giamaicano dalla scorsa stagione. Privo di avversari accettabili, e quindi con una vittoria scontata tra le mani, Bolt non è venuto meno al suo ruolo di uomo-guida di un campionato mondiale che, malgrado la buona qualità media dei risultati, avrebbe ottenuto un quinto, un decimo delle attenzioni ricevute. Collocato in quinta corsia, con l'imperiale disinvoltura cui ci ha abituato dal tempo dei Giochi di Pechino, il velocista ha aperto un baratro, dai primissimi appoggi, tra le sue lunghissime leve e quelle avare e smarrite degli altri sette finalisti. Chiudendo in 19"19 e lasciando a sei metri il secondo piazzato, l'atleta ha migliorato la prestazione realizzata in Cina nella scorsa stagione di undici centesimi, gli stessi centesimi con cui quattro giorni prima aveva polverizzato il primato dei 100. Avrebbe potuto risparmiarsi, il giamaicano, avrebbe potuto rinviare un tentativo di record in uno qualsiasi dei meeting del dopo mondiale, prenotando un assegno in bianco che ogni organizzatore, da Zurigo a Bruxelles, avrebbe sottoscritto. Non lo ha fatto, ha corso come la natura suggerisce, e il presidente della repubblica giamaicana ha già commissionato il calco per il suo monumento a Kingston. Quasi in contemporanea con l'esibizione di Usain Bolt, su altra zona dell'impianto tedesco la serata offriva con il salto in alto femminile una prova di eccezionale valenza tecnica. Dalla gara, un balletto drammatico durato due ore e terminato con l'affermazione di Blanca Vlasic e l'ennesimo assalto a 2.10, usciva il quarto posto e l'immagine pulita di una trentunenne di Cava dei Tirreni, un piazzamento che conferma lo spessore internazionale di Antonietta Di Martino e che rende più sopportabile il bilancio della squadra italiana.

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