Mourinho in lite con Lippi
Martedì, forse perché incoraggiato dai sondaggi che schieravano dalla sua parte due italiani su tre o magari soltanto perché per un toscano l'occasione per una battutaccia era irresistibile, il ct azzurro Marcello Lippi ha momentaneamente chiuso la diatriba con Mourinho dicendo di lui che «credeva fosse intelligente». Cioè, se la sintassi non è un opinione, che l'allenatore dell'Inter è scemo. Siamo sinceri. In questa bislacca vicenda nata da un pronostico calcistico («Lo scudetto? Lo vincerà la Juve», aveva detto Lippi, scatenando all'istante la furiosa reazione di Mourinho, che nega a un ct il diritto ai pronostici) a far la figura da scemi siamo in tanti, a cominciare da noi cronisti sportivi: in quale altro Paese una disputa come questa sarebbe finita in prima pagina sui giornali e avrebbe fatto versare altrettanto inchiostro? Ma una volta fatta questa doverosa premessa è anche giusto, visto che siamo in ballo, cercare di capire se veramente ‘sto Mourinho si comporta in quel modo perché è scemo, come suggerisce Lippi, o perché, al contrario, è davvero quel genio della comunicazione che è convinto di essere. Se uno comincia l'esame dalla fine, vale a dire dalle conseguenze pratiche dell'agire di Mourinho, tutto si può pensare di lui tranne che sia scemo. Come fa a essere scemo uno che ogni anno intasca 55 miliardi (lordi) di vecchie lire per, nell'ordine: a) fare la parte di quello che costringe il proprio presidente a comprargli tutti i giocatori che dice lui; b) mesmerizzare ai propri piedi frotte di taccuini e telecamere osannanti con un semplice schioccare di dita; c) insultare gravemente chi non è d'accordo con lui; d) insultare ancor più gravemente chi lo batte sul campo; e) vincere lo scudetto grazie agli svarioni degli arbitri; f) toppare il 60-70% delle partite che contano, a cominciare da quelle di Champions League per finire con la SuperCoppa contro la Lazio? Altro che scemo! Uno così, scusate, è un genio! Non tanto per come impapocchia le cose ma per come a suo tempo capì che l'Italia era l'unico posto dove la sua incredibile faccia tosta poteva ancora trovare estimatori. Per cui nel definire scemi Mourinho e la sua reazione al proprio pronostico pro-Juve, che secondo me tanto innocente non era, Lippi non solo sbaglia ma, a mio parere, dimostra una gran coda di paglia e finisce per illuminarci. Perché Mourinho, che non è scemo, non fa mai niente per caso, e se ha deciso di imbastire quel popò di casino su una battuta apparentemente «normale» è perché ha capito che aria tira quest'anno ai piani alti del Palazzo del calcio italiano, dove dopo 4 anni di strapotere della banda filo-interista tutto fa pensare all'imminenza di una restaurazione filo-juventina, disegno cui certo Lippi non sarebbe estraneo se corrispondesse a verità. Meglio strillare subito - si sarà detto lo «Special One» - male che va comincio a costruirmi un alibi di ferro e a consolidare il mio diritto a incassare per intero la liquidazione.