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Mennea: "Bolt è il più forte ma non è un alieno"

Pietro Mennea

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Era il 12 settembre 1979 quando Pietro Mennea fermò il cronometro sul 19"72 nei 200 metri alle Universiadi di Città del Messico. Quasi 30 anni dopo il velocista di Barletta ha vissuto, stavolta da spettatore, un'altra storica impresa sportiva, il nuovo record del mondo sui 100 di Usain Bolt, un 9"58 da brividi. «Un marziano», «una prestazione disumana», hanno titolato i quotidiani di tutto il mondo. Ma per la «freccia del sud» tanto clamore è quasi immotivato. Mennea, siamo davvero di fronte a un fenomeno irripetibile? «Personalmente non sono stupito dal tempo realizzato a Berlino da Usain Bolt. Credo che una prestazione del genere fosse nelle sue corde già l'anno passato a Pechino. Lì aveva "frenato" nel finale, qui invece ha dovuto dare il massimo fino all'ultimo metro». Quindi parte del merito del record va dato anche ai suoi avversari? «Diciamo che nella finale di domenica c'erano tutte le condizioni per dare il massimo. Un ruolo decisivo l'ha giocato proprio la griglia di partenza. Bolt aveva immediatamente alla sua destra i due rivali più pericolosi, che sono diventati riferimenti importanti. Prima il suo compagno d'allenamento Powell, che è il più rapido a scattare dai blocchi, poi l'americano Gay, che l'ha impegnato fino alla fine». Cos'ha Bolt più degli altri? «Fisicamente Usain ha le stesse caratteristiche di molti "miti" del passato. È alto più di un metro e 90 così come Steve Williams o Carl Lewis. Fa parte di quella famiglia di velocisti che hanno nell'accelerazione il punto di forza. A differenza dei suoi predecessori, però, ha un sistema nervoso che gli consente di gestirsi benissimo anche nel momento della partenza. Nonostante le lunghe leve non si disunisce, non si scompone. Resta in testa dall'inizio alla fine. È per questo che domina». Quindi torniamo all'inizio: è un fenomeno irripetibile? «Bolt è attualmente il miglior velocista del mondo, ma non è un marziano. Sono convinto che nel mondo ci siano tante persone dello stesso "biotipo" di Usain, bisognerebbe andarle a scovare in ogni Paese. Probabilmente il nostro sistema non è ancora così maturo da saper recuperare allo sport tutti i fenomeni esistenti». Crede che talenti del genere possano essere scovati anche in Italia? «Il problema dell'assenza di velocisti non è solo italiano, ma riguarda l'Europa in generale. Basti guardare i blocchi di partenza della finale dei 100 metri: erano tutti atleti di colore. Il vecchio continente paga una crisi e una decadenza sociale che frusta le ambizioni dei più giovani. I ragazzi sono meno interessati allo sport, si prefiggono altri obiettivi». E così ci supera anche la Giamaica. «Lì hanno capito che lo sport può essere un veicolo importante di promozione, di crescita. La Giamaica esporta sport. Bolt è solo la punta di diamante di un movimento vitale. Poi ci sono i regimi che invece sfruttano lo sport come propaganda. Accadeva con la Germania di Hitler e accade oggi con la Cina. In Italia invece ci nascondiamo dietro i fuoriclasse. Abbiamo la Pellegrini, la Vezzali, ma dietro di loro c'è poco». Torniamo a Bolt. Dobbiamo aspettarci un'impresa simile anche nei 200 metri? «Sulla carta può fare un altro record. Se raddoppiamo il 9"58 dei cento e aggiungiamo i 20 centesimi che si perdono in partenza, siamo in linea con l'attuale primato. Bisogna vedere come reagirà al clamore di questi giorni e soprattutto gli allenamenti specifici fatti in questa disciplina». Quali difficoltà può incontrare? «Nei 200 conta di più la resistenza. E poi c'è da affrontare la curva, che richiede controllo del corpo e presenta delle insidie per gli atleti più alti. Ma finora ha dimostrato di saperla gestire senza problemi. È da record del mondo, lo ripeto. Lo sarebbe anche nei 400 se dovesse correrli». A proposito di record, il suo ha resistito per ben 17 anni ed è ancora record europeo, mentre oggi l'abbattimento dei primati è diventato pane quotidiano. «Se ragioniamo in termini di prestazioni assolute, in 30 anni il mio record è stato abbassato di circa 4 decimi. Un progresso che, tutto sommato, mi appare normale. All'epoca io corsi su una pista liscia e consumata. Con il tempo sono migliorati i materiali, sono cambiate le tipologie di allenamento, sono migliorate le scarpette. È per questo che certi record non mi stupiscono».   Bolt compirà 23 anni tra tre giorni. Quanto può ancora migliorare? «Non ne farei un discorso di età. Per fare prestazioni del genere non basta il talento, bisogna allenarsi con grande serietà. Dipenderà tutto dalla sua programmazione per il futuro. Per ora ha spostato molto più in basso il nuovo limite. Domenica ci ha fatto capire che, adesso, la barriera da abbattere sono i 9"50».  

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