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Continuo a dire no al pugilato rosa

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Devoringraziare il direttore e i colleghi della redazione sportiva di questo giornale che mi consentono di esprimere in questa rubrica il mio pensiero anche quando non coincide con l'opinione corrente. La quale, a leggere quasi tutti i giornali italiani, ha accettato serenamente quella che a me sembra una decisione indecente presa dal Cio, che ha ammesso il pugilato in versione femminile alle prossime Olimpiadi di Londra. Purtroppo è in via di estinzione quella categoria di giornalisti specializzati che hanno raccontato questo sport negli anni più felici del nostro pugilato, i favolosi '60 che hanno avuto nel Palazzo dello Sport di Roma il teatro più importante del pugilato europeo. La quantità e la qualità degli eventi avevano incoraggiato alcuni giornalisti sportivi di valore a interessarsi alla boxe, disciplina che si prestava a racconti e storie importanti con protagonisti di valore assoluto. Benvenuti, Mazzinghi, Arcari, Rinaldi, Burruni e anche De Piccoli hanno riempito il Palasport dell'Eur e offerto materiale di qualità. Insieme a questa generazione di grandi pugili si è esaurito il gruppo di giornalisti specializzati. Se la memoria non mi tradisce l'ultima volta che il Palasport ha aperto le porte al pugilato è stato per un'ingloriosa prestazione di Cantatore ma non credo che siano state più di 4 o 5 le occasioni in cui negli ultimi 20 anni ci sia stata boxe nel Palazzo che era stato costruito per le Olimpiadi di Roma e che io avevo avuto la fortuna di inaugurare il 4 giugno 1960. C'erano stati, quella sera, 15.255 spettatori paganti per un incasso di 25 milioni di non ancora svalutate lire. La smetto con l'amarcord solo per dire che quei giornalisti si sarebbero indignati di fronte a una decisione che sulla spinta, giusta e giustificata di una maggiore apertura allo sport femminile, eleva a disciplina olimpica una versione inaccettabile di uno sport che di femminile non ha nulla. È naturale che, intervistata, Stefania Bianchini, la migliore pugilessa (si dice così?) italiana si sia dichiarata felice. Lo saranno anche le sue poche ma valorose colleghe alle quali esprimo tutta la mia simpatia, spiacente di non poter partecipare alla loro gioia. Come ho già scritto se avrò l'opportunità di seguire a Londra la mia 12ª Olimpiade sicuramente escluderò dal mio diario gli appuntamenti con il pugilato femminile. Meglio, molto meglio, la Pellegrini, la Vezzali ma anche tutte le atlete italiane che negli anni hanno colmato la differenza di attenzioni e di medaglie che per troppo tempo ha caratterizzato le due versioni del nostro sport.

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