Schumacher rinuncia La Ferrari a Badoer

Quel mondo che aveva sperato, creduto, sognato, adesso deve risvegliarsi di colpo. I milioni di appassionati che, per quasi due settimane, hanno seguito la vita di Schumacher come si trattasse di un reality show («Michael si allena al Mugello», «Michael ha perso tre chili», e persino «Michael andrà nello spazio alla fine della stagione») ora dovranno rassegnarsi a una verità molto più deludente. Michael Schumacher non tornerà a correre in Formula Uno. Dopo undici giorni di test, allenamenti, visite mediche, il tedesco ha dovuto rinunciare alla possibilità di sostituire lo sfortunato Felipe Massa, infortunatosi in Ungheria, al volante della Ferrari numero 3. I dolori al collo, retaggio di una brutta caduta dalla moto durante una gara del campionato Superbike tedesco, lo scorso febbraio, non permetteranno il ritorno alle competizioni di quello che, numeri alla mano, può essere considerato il pilota più forte di tutti i tempi. E per il mondo della Formula Uno, che al rientro del sette volte iridato aveva affidato tutte le speranze di resuscitare interesse in una stagione ai minimi storici in quanto ad appeal commerciale, il contraccolpo è severissimo. Era bastato l'annuncio della Ferrari del ritorno di Schumi, il 29 luglio, per far schizzare in alto la vendita dei biglietti per le gare di Valencia (il 23 agosto, il grande giorno), Spa e Monza. Tanto che, si scherzava nel paddock, sarebbe stato più giusto che l'ingaggio di Michael (un milione di euro a gara più cospicui bonus per eventuali vittorie) l'avessero pagato Mosley ed Ecclestone. Troppa era la curiosità di vedere il quarantenne fuoriclasse confrontarsi con la nuova generazione di piloti. Dal principe nero Hamilton, entrato in Formula Uno l'anno successivo al ritiro di Schumi, al tedesco Vettel, dai più considerato vero erede di Michael. Fino al vecchio rivale Fernando Alonso, l'unico capace di dargli qualche dispiacere in una carriera di trionfi. Ma nulla di questo accadrà. E dopo l'illusione sarà ancora più difficile rassegnarsi a un campionato in cui a contendersi il titolo sono i carneadi Webber e Button. «Le ho provate tutte per tornare, ma non siamo riusciti a risolvere i dolori al collo venuti fuori dopo il F1-day al Mugello, anche se abbiamo provato ogni terapia. Sono molto deluso, ma posso solo ripetere che ho provato ogni cosa». Le parole di Schumacher, apparse ieri mattina come una doccia fredda sul suo sito internet, raccontano l'amarezza di un uomo che, probabilmente, paga anche il suo proverbiale perfezionismo. Una leggenda torna in pista solo per dominare. Se c'è il rischio di prenderle di santa ragione da piloti poco talentuosi ma con carte d'identità più indulgenti, è meglio lasciar perdere. E poco importa se il demone delle corse, quello che dopo il ritiro aveva portato Schumacher a gareggiare in gare motociclistiche, rally, kart, non smette di mordere neanche adesso. «Sono molto dispiaciuto - ha detto il patron Ferrari Luca di Montezemolo - in questi giorni avevo potuto apprezzare il grande impegno e la straordinaria motivazione che lo animavano e che avevano coinvolto la squadra e gli appassionati in tutto il mondo». Entusiasmo, è vero. Ma anche paura e rispetto da parte degli avversari. Perché se c'era chi, come Hamilton, non vedeva l'ora di confrontarsi «con una leggenda vivente», c'erano anche tre team - Williams, Red Bull e Toro Rosso - che si erano opposti a una deroga regolamentare per permettere a Schumi di effettuare i test con la vettura 2009. E tra quelli che ora tirano un sospiro di sollievo c'è probabilmente anche Kimi Raikkonen. Era lui, in definitiva, quello che aveva più da perderci con un compagno come Michael. Se il tedesco avesse fatto meglio, la carriera del finlandese in Ferrari sarebbe stata definitivamente segnata. Schumacher, come tutti i vincenti, è diventato simpatico solo nel momento del ritiro. Con l'ombra del rientro era tornata in auge la massima «molti nemici, molto onore». A sostituire Massa sarà invece Luca Badoer, 38 anni, una vita da collaudatore della Rossa. Nel giorno del risveglio, almeno la soddisfazione di un italiano di nuovo al volante di una Ferrari quindici anni dopo. Ma è come farsi passare la fame con una caramella.