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La Sensi: "Non speculo sulla Roma"

Rosella Sensi

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Nell'hotel Sunbay di Civitavecchia, di proprietà della famiglia Sensi, vengono radunati diciassette giornalisti. Quotidiani sportivi e politici, due tv nazionali e due radio private, tutti seduti attorno a un tavolo. Il servizio d'ordine della Roma impedisce l'ingresso di altri ospiti non graditi. La conferenza è lunga, le domande sono tante, mirate, alcune molto «scomode». La Sensi prova a dire le sue verità. Ascolta, risponde, si innervosisce e per tre volte è costretta ad allontanarsi e raggiungere il marito per allentare la tensione. Accanto a lei c'è tutto il quartier generale giallorosso: il ds Pradè, il dt Conti, la responsabile finanziaria Mazzoleni, la consigliere Nanni e l'avvocato Conte. Ma alla fine del confronto «totale», chi voleva conoscere i dettagli su cosa è successo e cosa succederà alla Roma, resta deluso. Perché ha deciso di parlare? «C'è bisogno di chiarezza in un momento di apparente difficoltà, il più antipatico per me. Voglio consentire alla squadra di iniziare la stagione con serenità. Non sono una brava comunicatrice e faccio mea culpa: se ci fosse ancora, mio padre mi chiederebbe di parlare di più. Ma è una questione di carattere. A parte questo, non ho molto da rimproverarmi». È soddisfatta del suo primo anno da presidente? «Sono ipercritica, se pensiamo agli obiettivi raggiunti la scorsa stagione possiamo dire che avremmo voluto arrivare in Champions e non ci siamo riusciti». Torniamo a un anno fa: com'è andata la trattativa con Soros?  «Non ho mai avuto il piacere di incontrarlo. Poi ho letto un'intervista sul Sole 24 ore in cui lo stesso signor Soros negava il suo interesse per la Roma. La Inner Circle Sports non è Soros. Sono state dette delle inesattezze e partiranno delle querele. Un'offerta araba ha stoppato tutto? Abbiamo già risposto con un comunicato. Non si è mai arrivati a una conclusione di una trattativa: la Roma è della famiglia Sensi. Non voglio aggiungere altro perché ci sono delle indagini in corso su queste vicende. Quando sarà il momento, convocherò una conferenza esaustiva in cui entrerò nel merito». Con Fioranelli siete stati più vicini all'accordo? «Abbiamo ascoltato il suo progetto ma non si sono verificate le condizioni necessarie per chiudere e la trattativa non si è conclusa come molti tifosi speravano. Ma a un certo punto, doveva finire in un modo o nell'altro, quindi abbiamo ricominciato il nostro lavoro. Io non mi sono mai seduta al tavolo delle trattative, abbiamo scelto un'istituzione leader come Mediobanca che ci affianca insieme allo studio legale internazionale Lovells. Ma il margine decisionale resta sempre alla nostra famiglia». Come procedono i rapporti con Unicredit dopo le due scadenze del debito di Italpetroli non onorate? «Non è una situazione normale, ma c'è dialogo e si cercano insieme le soluzioni. È chiaro che il clima non sia del tutto gioioso». Verrà nominato il supermanager di Roma 2000? «È una dei punti di discussione con la banca, ma non intralcerà il lavoro della società. La Roma è libera dai debiti di Italpetroli». Ha mai avuto notizia dell'interesse per il club del russo Prokhorov?  «Stavolta ha smentito lui (ieri, ndr), così ci credete...Comunque non ne so nulla e credo che se fosse reale, Unicredit ci avrebbe informati». Quindi la Roma resta ai Sensi? «Ripeto quanto ho scritto nella lettera del 5 maggio insieme alle mie due sorelle. Non venderemo fino a che non ci sarà qualcuno che presenta un progetto e dimostra di avere a cuore la Roma. In quel caso non solo lo ascolteremo, ma lo prenderemo anche in seria considerazione. Diversamente, faremo sempre noi il bene della squadra. Ora lasciate in pace questa proprietà».  I tifosi accusano la famiglia di pagarsi da sola gli stipendi. «Percepisco una cifra importante ma non è certo lo stipendio più alto della società, alla quale mi dedico 24 ore al giorno: io per seguire la Roma non vedo mai mia figlia. E nessun altro della famiglia prende compensi. Sia chiaro: i Sensi non tengono in ostaggio la società. Semmai mio padre ha preso risorse da Italpetroli per darle alla squadra e si è ammalato per il troppo amore. Per dirla alla romana: "Io non ce magno con la Roma". Accetto le critiche ma non gli insulti, le insinuazioni e le calunnie». Un'altra accusa della tifoseria: è diventata amica di personaggi combattuti per anni da suo padre.  «Galliani ha veramente aiutato la Roma e nell'ultimo periodo è stato vicino anche a mio papà. Ci ha avvertiti quando qualcuno provava a soffiarci dei giocatori: se lui è nostro amico, perché non dovrei dirlo? Non posso fare solo la tifosa. E non si tratta di un problema di capacità economiche: mio padre era un istintivo, io invece mi tengo la rabbia in privato e preferisco mantenere un profilo basso nelle uscite pubbliche».  La politica è vicina alla Roma? «La nostra è una società importante che suscita l'interesse anche dei politici. Il sindaco, ad esempio, è molto presente e attento». È possibile conoscere i contenuti dei suoi recenti incontri con il sottosegretario Gianni Letta?  «È un amico di famiglia, molto legato a mio padre, a cui ho chiesto dei consigli su come muovermi». Quando partirà il progetto dello stadio di proprietà? La Lazio l'ha presentato, voi ancora no. «Non mi risulta ci siano delle scadenze dettate dal sindaco. Abbiamo individuato l'area, un terreno non di proprietà della famiglia, che non posso ancora svelare. Sono stati fatti dei passi importanti, con la consulenza di società internazionali. Stiamo completando alcune cose e presto ci presenteremo da Alemanno. Se avessi pensato a uno stadio solo per i nostri interessi, avrei fatto tutto di fretta e con supeficialità. Invece ci siamo presi il tempo giusto per fare le cose per bene e costruire la casa dei tifosi della Roma». Siete in grado di rilanciare la squadra? «Io non illudo nessuno: andremo avanti con l'autofinanziamento ma non è un motivo per parlare di gestione tempestosa o improvvisata. In questi anni abbiamo fatto qualcosa di buono. Il sogno è quella parola che non voglio dire. Uno scudetto ogni dieci anni? Non è un'aspirazione impossibile. Per questa stagione puntiamo ad arrivare tra le prime quattro». Ci saranno altre cessioni oltre ad Aquilani? «Ogni anno abbiamo venduto dei pezzi, sta nelle cose. Dopo Alberto, non si verificheranno partenze eccellenti ma verranno fatte scelte strategiche: potrebbero esserci altre cessioni, una, due o tre, ma se uscirà qualcuno dalla rosa, entrerà un nuovo giocatore. Il mercato di quest'anno è strano e si deve ancora accendere. Non avremo a disposizione il budget per prendere Ibra, ma per cose sensate sì». I tifosi devono abituarsi ai sacrifici? «Avrei preferito convocare una conferenza per annunciare l'acquisto di un giocatore, ma adesso non posso e spero in qualche modo di farlo presto. Comunque non stiamo smantellando la Roma. De Rossi non è in vendita, ho rifiutato un'offerta davvero importante per lui (dal Chelsea, ndr) e giuro che fino a quando ci sono io non verrà ceduto. Avrei potuto già farlo e inimicarmi qualcun altro». Aveva detto lo stesso di Aquilani. «È stata un'operazione dolorosa per esigenze di bilancio. Lui meritava un grande club. Ma mi dà fastidio che prima leggevo critiche che hanno ferito Alberto, mentre ora che lo abbiamo venduto è tornato ad essere un fenomeno. È vero, è partito un prodotto del nostro vivaio, ma senza di lui non ci siamo impoveriti e il progetto giovani esiste ancora: non mi pare che Cerci, Andreolli e Guberti siano degli over 30...». Si è pentita di non aver acquistato Zarate? «In quel momento la piazza chiedeva un "nome". Avrei dovuto prenderlo, ma ce l'hanno proposto quando era ormai della Lazio». La stagione è iniziata con tanti infortuni come l'anno scorso: come intendete intervenire? «Abbiamo preso un nuovo medico, un fisioterapista e un ecografo specialista». Spalletti è felice di restare? «Avevo detto che sarebbe stato l'allenatore della Roma anche in questa stagione e non venivo creduta. Resterà fino alla scadenza del contratto e mi auguro di rinnovarlo». L'accordo con Totti è pronto? «Dobbiamo ancora firmarlo materialmente. Non si tratta di un contratto "banale", ma in questa scelta c'è anche una piccola parte sentimentale visto quello che ci ha dato e ci dà Francesco».

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