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Quando il gioco di squadra diventa difficile

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Noiavevamo recuperato gli «americani» Belinelli e Bargnani, loro avevano rinunciato al loro miglior giocatore, Parker. Ricordando le delusioni patite al Foro Italico dalle due nazionali di pallanuoto, disciplina in cui avevamo tradizioni migliori e più solide che nel basket, viene da chiedersi che cosa stia succedendo al nostro sport nelle discipline di squadra. Ovviamente non ho aggiunto al conto la pessima figura offerta dal calcio nella Confederations Cup. Con tutti i suoi difetti ed i suoi problemi il calcio si porta in dote quattro titoli mondiali, compreso l'ultimo, e quindi può permettersi passi falsi, anche se dolorosi e molto visibili, grazie alla sua enorme popolarità. Credo invece che si debba inserire al passivo nel bilancio del nostro sport il ritardo che stiamo accusando nella pallavolo, dove pure siamo stati leader soprattutto (ma non solo) nel settore maschile. Non cito il rugby che non ci appartiene come tradizione al punto che nemmeno l'inserimento nella nostra nazionale di elementi che, a parte i nomi e la lingua, sono poco italiani, ci ha reso competitivi a livello internazionale. La buona immagine (gastronomica e turistica) dell'Italia, oltre a ragioni organizzative (un campionato con sei squadre è meglio di un campionato a cinque) e commerciali ci ha fatto accogliere nel «Sei Nazioni» dove fino ad oggi abbiamo raccolto più umiliazioni che soddisfazioni. Infine sarebbe improprio considerare come sport di squadra il tennis, che rimane ovviamente individuale anche nelle poche occasioni (Davis e Fed Cup) in cui cambia formula. Del resto, come ho più volte sostenuto, non si può considerare uno sport di squadra quello in cui si può vincere un titolo mondiale con due o al massimo tre giocatori (o giocatrici). Ugualmente rimane uno sport individuale il ciclismo dove pure i vari paesi iscrivono formazioni nazionali al Campionato del Mondo, che infatti non è mai riuscito ad avere lo stesso fascino e la stessa popolarità della gare a tappe (Tour e Giro) e nemmeno delle classiche più importanti. Come considerazione di carattere generale non si può fare a meno di pensare che una eccessiva immigrazione di atleti stranieri nelle nostre squadre di club non giovi alle nostre rappresentative nazionali. Il Coni è in evidenti difficoltà ad imporre una maggiore autarchia e non è un caso che sia proprio il basket a pagarla con gli scadenti risultati della squadra azzurra. I richiami ed i tentativi per dare una maggior quota di italianità ai nostri campionati hanno solo prodotto divisioni e polemiche, ma nessuna ragionevole correzione a favore dei nostri vivai e dei nostri atleti.

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