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Il buonumore passa pensando al mercato

Francesco Totti e Daniele De Rossi nella sfida Roma - Gent

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Il Capitano sblocca la partita, fa saltare i nervi ai belgi e al pubblico, guida una cavalcata che diventa trionfale, prima il raddoppio, poi l'assist per De Rossi, su rigore la tripletta del resto una Roma con un gol e un uomo di vantaggio già poteva consentirsi flemmatico controllo. Infine un altro tocco di classe di De Rossi per la doppietta personale e i sigilli di Menez e Okaka intervallati dal gol della bandiera dei belgi. Spalletti ha concesso un'ulteriore chance al talentuoso francese, schierato a sinistra con Totti solito punto di riferimento, subito oggetto del fallo sistematico, folla feroce contro l'arbitro, reo di non tollerare le assidue scorrettezze dei belgi. Presto immagini inquietanti, Andreolli, Riise, ma anche un attaccante rivale con la testa fasciata, però almeno si trattava soltanto di scontri occasionali. Non c'è stato il preventivato assalto, anche se Smolders ha colpito un palo. Di là, disarmante superiorità tecnica romanista, anche se è stato lasciato qualche spazio di troppo, l'intesa da rivedere tra i due centrali, Andreolli a destra e Mexes a sinistra, nel fuorigioco. Già infuocato dagli isterismi di Preud'Homme, il clima è diventato incandescente dopo la punizione vincente di Totti, con goffo tentativo del portiere. Hanno perso la testa, i belgi, Suler ha abbattuto Taddei, ha visto il giallo e ha applaudito l'eccellente Grafe, il cartellino ha cambiato colore. Sul campo è piovuto di tutto, gioco interrotto, minuti di recupero inutili, come l'accademica ripresa, bene Pizarro, De Rossi e Mexes, impalpabile Menez, Totti fuori concorso. Difficile che l'entusiasmo, e magari il banale interesse, il popolo romanista potesse concentrarli su questo viaggio in Belgio, dedicato a proseguire un'avventura, in partenza destinata a un comunque pesante dispendio di energie in questa fase di avvio stagionale. Quasi scontato che i pensieri, lontani dal buonumore, fossero riservati all'addio di Alberto Aquilani, il terzo baluardo della romanità al di là degli intoccabili Totti e De Rossi. Respirano soltanto le casse della società, impoverite ulteriormente dai mancati introiti di quella Champions che per la Roma era diventato un appuntamento abituale. L'apprensione è rivolta alla destinazione di questi fondi, una ventina di milioni, insufficienti perfino per un singolo arrivo che posa definirsi di prestigio, considerati i prezzi di mercato e soprattutto l'entità degli ingaggi di possibili obiettivi, quando poi le offerte si sono limitate al prestito gratuito. Certo, non è un sogno per il tifoso l'assestamento momentaneo dei bilanci: però non esalta la fantasia l'eventuale arrivo di un paio di sbiadite figure per investire una parte dell'incasso. Tanto, con la partenza di un giovane di così elevate prospettive, il livello già è sceso abbastanza da rendere inquieto non soltanto Spalletti, ma perfino il serafico Bruno Conti. Non sono, queste, le date da custodire nella memoria.

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