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L'orgoglio di Barelli «Abbiamo zittito i gufi»

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seguedalla prima «Un successo planetario», dice Barelli, «e un modo per rispondere a tutti quei gufi che, al di là delle innegabili polemiche, hanno sperato fino alla fine che qualcosa andasse storto». Presidente, quale immagine di questi campionati porterà con sé? «Innanzitutto il pubblico. Competente, sportivo. La metà dei tifosi che erano sugli spalti proveniva da tutta Italia, e anche questo è un successo della Fin, perché sono le stesse persone che affollano ogni giorno le nostre piscine». L'organizzazione è stata lodata dai membri della Federazione internazionale e da quelli del Cio. «Per noi è un motivo di vanto. E anche un modo per chiudere la bocca a tutti coloro che aspettano solo un errore e sono pronti a criticare. Nel 1994 avevamo già ospitato un'edizione memorabile dei Mondiali, ma questa è stata 10 volte superiore per impianti, pubblico e nazioni partecipanti. Per non parlare dei record sportivi». Cosa poteva essere fatto meglio? «Tenuto conto che ci hanno consegnato il Foro italico solo un mese e mezzo prima dei Mondiali, abbiamo fatto un miracolo». Un miracolo che però, per la storia dei presunti abusi edilizi, alcuni circoli della capitale potrebbero pagare caro. «Questa è una vicenda che sarà discussa nelle sedi competenti. Io posso solo dire che lasciamo, in termini di impianti, un'eredità importante al Lazio. Ci sono 8 piscine in più laddove, prima dei Mondiali, l'unico impianto olimpionico era il Foro Italico che risaliva al 1936. Un altro obiettivo raggiunto». Capitolo Malagò. Come sono andate realmente le cose? «Non amo le litigate in pubblico, e non ho mai autorizzato nessun comunicato per chiedere la sua testa. La Fin si portava dietro un bagaglio di esperienze dalle precedenti manifestazioni organizzate e voleva farlo fruttare, perché in questi Mondiali ci giocavamo la faccia noi e la stessa città di Roma. Avevamo visioni differenti su come raggiungere gli obiettivi, ma alla fine ce l'abbiamo fatta e significa che il binomio, tutto sommato, ha funzionato». Anche in questo caso, però, potrebbe essere stato pagato un caro prezzo. Si parla di 6-7 milioni di deficit che Campidoglio e Federazione dovranno ripianare. «Secondo Malagò il "buco" è al massimo di un milione di euro. Dobbiamo fidarci delle sue parole». Quindi nessun rischio-commissarimanento per la Fin? «Solo panzanate. Finché saremo in uno Stato di diritto non succederà». C'è poi il lato sportivo. «E anche in quel caso si deve parlare di successo. Abbiamo due campionesse, Pellegrini e Filippi, che il mondo ci invidia. Abbiamo ottenuto una medaglia storica nel sincronizzato, tre nel nuoto di gran fondo e ci confermiamo nazione leader nei tuffi». Eppure proprio i tuffatori accusano la Federazione di essere stati trascurati a causa dei tagli al budget. «È assolutamente falso. Abbiamo persino trasportato gli atleti a Trieste quando avevano difficoltà ad allenarsi a Roma». All'appello dei successi manca la pallanuoto. Ci saranno rivoluzioni tecniche? «Forse non ci aspettavamo che le due nazionali uscissero già agli ottavi, ma non potevamo neanche sperare di salire sul podio. I ct Campagna (uomini) e Fiori (donne) resteranno al loro posto: con loro abbiamo avviato un programma di rinnovamento che giungerà al culmine a Londra 2012. Solo allora tireremo le somme». E adesso cosa fa la Fin? «Siamo una Federazione operaia, non miriamo alle telecamere e alla visibilità ma non ci riposiamo. Domani partono i campionati italiani giovanili con circa 2.300 atleti di 500 società. Gareggeranno con gli stessi monitor e gli stessi cronometraggi di gente come Phelps e Cielo. Poi ci metteremo al lavoro per sfruttare l'onda lunga dei Mondiali. Secondo l'Istat abbiamo già tra i 4 e i 5 milioni di praticanti. Possiamo raccoglierne almeno un altro milione». Carlantonio Solimene

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