Medaglie ai Mondiali tutte "in rosa"

La scambiano per Federica Pellegrini, ma non nel giorno in cui la sua danza flessuosa sull'acqua porta l'Italia là dove non era mai arrivata. La favola di Beatrice Adelizzi si muove sulle note di una Tosca moderna, ma ugualmente struggente, e le stelle che fanno capolino dallo chignon imbalsamato nel gel luccicano come il bronzo che le pende al collo: nella piscina di Roma, ai Mondiali di casa, l'azzurra fa quello che non è mai riuscito a nessun'altra, prima medaglia del sincro italiano, il suo nome che apre una strada finora inesplorata. La sua leggerezza, stretta nel costume nero illuminato di pietre, stavolta ai giudici è piaciuta, e la sua grazia può scalare i gradini sconosciuti del podio, lei grande tra le grandi, che si chiamano Natalia Ishchenko, la russa d'oro, e Gemma Mengual, la spagnola immortale, che ha condiviso con le azzurre lo scatenato tifo-teenager degli spalti. Piange, ride, senza che la maschera di trucco faccia una riga: è il riscatto di uno sport che fa i conti con l'arbitrio del giudizio e che resta un'oasi per sole donne, o quasi. Ma dietro a quei tre minuti di show acquatico c'è il lavoro di una vita, anche per una ventenne come la statuaria Bea. «La bellezza nel sincronizzato conta molto, ma non è tutto - sorride l'atleta di Lissone, nel milanese, iscritta da sempre alla società Nord Padania, che con la Lega però non ha nulla a che vedere - il sincro è diventato la mia vita, mi piace il lato artistico, si avvicina alla danza e al teatro. Ma anche la parte tecnica è intensa e ogni singolo gesto va sempre studiato». E di passi di danza Bea - così hanno urlato le ragazzine scatenate del Foro spingendola al bronzo - ne fa anche fuori dall'acqua, agli ordini di Prisca Pagano, la sua insegnante. Ma non pensa alla tv, alle passerelle, la sincronette che dietro alla leggerezza degli abiti e al trucco vistoso, mostra ambizioni da atleta e studia per diventare chimico: e anche le letture e la musica preferiti dalla campionessa sono tutt'altro che frivole. «Leggo tanto» racconta la Adelizzi. I preferiti vanno da Kundera, il «number one», a Pennac e ai gialli di Lucarelli. Ai Mondiali ha portato «Le notti bianche» di Dostoevskij. «Guerra e pace? L'ho già letto...», zittisce tutti l'azzurra. E poi c'è la musica, che la rilassa tanto, e anche qui la scelta è di qualità, con vocazione rocchettara: in cima i Red Hot Chili Peppers. La colonna sonora ideale di una sua performance sarebbe però 'Everybody hurts' dei Rem. Invece a Roma09 si è esibita su un classico, sull'aria pucciniana di 'Lucean le stellè, quella rivisitata nel 'Munich' di Spielberg. «Proprio non mi piaceva - confessa la Adelizzi - e c'è stato più di un battibecco con il ct De Renzis: io le dicevo che appesantiva tutto, e lei insisteva. Meno male che le ho dato retta...». Impeccabile, e leggera come non mai: Bea, da scorpioncina, ammette di essere «testarda» e di demoralizzarsi facilmente. «È un sogno», ha detto tra le lacrime Laura De Renzis, da vent'anni fatina e coach di queste bad girl vestite da angeli. E oggi ci ripova nella finale del duo tecnico in coppia con la Lapi.