Federer conquista di nuovo Wimbledon
Non è stata la più bella finale nella storia di Wimbledon perché quella - indimenticabile - dell'anno scorso ce la ricordiamo tutti troppo bene ma è stata molto migliore di quella che ci si aspettava considerati e valutati i precedenti dei conronti diretti fra i due finalisti. Prima ancora di celebrare il sesto titolo a Wimbledon di Roger Federer e soprattutto del quindicesimo titolo del campione svizzero nei tornei del Grande Slam, credo che sia giusto ricordare due situazioni. La più importante se non la più decisiva l'assenza del detentore del titolo, Rafael Nadal, ma non si può non ricordare quanto sia stato vicino alla vittoria, non tanto nel quinto set ma nel tie-break del secondo Andy Roddick, che ha perso questo spareggio dopo essere stato in vantaggio per 6 a 2. Ad accrescere i meriti del giocatore americano bisogna aggiungere quanto sia stato importante per la qualità della partita e delle emozioni, la sua capacità di reagire allo sfortunato andamento di quell'episodio e di essere comunque rimasto aggrappato alla partita contribuendo a regalarci il più lungo ed appassionante quinto set nella storia di questo torneo e di tutti quelli del Grande Slam. Leggerete oggi che Federer non ha giocato il suo miglior tennis ma bisogna considerare quanto sia stato difficile per lui trovarsi a rimediare situazioni di punteggio quasi definitive in una partita nella quale non aveva preso in considerazione la sconfitta. Intendiamoci, non si può escludere che Federer avrebbe potuto vincere anche se si fosse trovato in svantaggio di due set, questo non lo sapremo mai, ma è certo che non dev'essere stato facile per lui sopportare e rispettare il ruolo di superfavorito di fronte alle difficoltà che un avversario ispirato gli stava proponendo. Come ho scritto molte volte questa vittoria non qualifica automaticamente Federer come il migliore giocatore di ogni tempo per la semplice ragione che questo titolo non esiste, ma naturalmente rinforza la credenziali del campione ad essere preso in considerazione nella ristretta rosa di coloro che ne hanno i titoli. Alcuni (Rod Laver, Bjorn Borg, Pete Sampras) erano ieri in tribuna e si saranno molto divertiti, compreso lo stesso Sampras che ha così assistito alla cancellazione del record che gli apparteneva, quello del maggior numero di successi nei tornei dello Slam. Ma è questo un criterio che può portarci fuori strada ed a conclusioni sbagliate se solo si ricorda a quanti tornei dello Slam hanno dovuto rinunciare Rod Laver (20) e Ken Rosewall (44) quando, da professionisti, sono stati lasciati fuiori dalla porta dei grandi tornei. Lasciando stare queste considerazioni ed anche il trascurabile aspetto che con questa vittoria Federer torna ad essere il numero uno della classifica mondiale, bisogna spiegare come una partita che sembrava squilibrata è diventata invece incerta ad appassionante. Il merito maggiore è stato ovviamente di Andy Roddick che già aveva impressionato per la sicurezza ed il coraggio con cui aveva raggiunto la finale. Tecnicamente il suo recupero ad altissimo livello non è legato alle sue armi tradizionali, il dritto ed il servizio, bensì ai progressi che ha compiuto nel rovescio, che una volta era il suo tallone d'Achille. La partita è stata inevitabilmente legata ai turni di servizio. Basti pensare che Roddick ha ceduto la battuta una sola volta, quella decisiva, nel trentesimo gioco del quinto set mentre Federer ha subìto due soli break, quelli che gli sono costati il primo ed il quarto set. Nella giornata Federer è stato salvato dal servizio. Nel numero degli aces (50) ha quasi doppiato quelli di Roddick (27) e proprio la battuta gli ha consentito di rimediare ai troppi errori commessi negli scambi da fondo. Alla fine i meriti di Roddick nel rendere indimenticabile questa finale sono stati superiori a quelli di Federer ma per fortuna nel tennis non c'è il pareggio. Crudele come può sembrare una soluzione del genere va accettata con la speranza di riavere al più presto possibile Nadal e di poter verificare che Roddick può tornare ad essere competitivo ai massimi livelli.