Quel verdetto inappellabile dei Trials Usa
Quandol'Italia sarà immersa nel sonno, sull'altro versante dell'oceano Atlantico inizierà stanotte la più violenta selezione progettata nella storia dello sport mondiale. Tappa d'arrivo, per i primi tre classificati di ciascuna gara valida per l'assegnazione dei titoli statunitensi, i campionati mondiali di atletica fissati per metà agosto a Berlino. Nelle giornate di gara di Eugene, santuario dell'atletica dedicato a Steve Prefontaine, il ribelle del mezzofondo internazionale schiantatosi nella notte del 30 maggio '70 con la sua vettura nelle colline dell'Oregon, nessuna possibilità d'appello: paradiso o inferno, beatitudine o dannazione senza passaggio intermedio nel purgatorio, dentro se sei tra i primi tre, fuori tutti gli altri, anche se hai alle spalle titoli e primati e un curriculum regale. Nato come Trials, il meccanismo ebbe inizio nel 1928 in vista dell'Olimpiade di Amsterdam, e tale è rimasto per ogni edizione dei Giochi. Nel 1983 - epoca in cui la federatletica internazionale comprese come fosse ormai anacronistico continuare a legare in un'unica assegnazione titolo olimpico e mondiale - quando furono finalmente istituiti i campionati mondiali di atletica, i dirigenti statunitensi non videro di meglio che mutuare la regola adottata per i Giochi trasferendola alla rassegna iridata. Da allora, Giochi o Mondiali che fossero, l'elenco dei caduti sotto il maglio inappellabile del meccanismo ha la lunghezza di un rettilineo d'arrivo. C'è tuttavia un caso, il più celebre in quasi cento anni, che merita essere ricordato per la singolarità della conclusione. Ne fu protagonista un ostacolista veloce di Cleveland, Harrison William Dillard. Dopo una strepitosa serie di affermazioni sui 110 ostacoli, 82, ininterrotte, dal 1942 al 1948, Dillard incappò nella peggiore gara della sua vita proprio nelle selezioni statunitensi programmate per i Giochi olimpici di Londra. Abbattuti i primi tre ostacoli, l'atleta s'infilò definitivamente tra i legni del settimo, dando addio ai Giochi del 1948. Veloce di natura, Harrison riuscì ad agguantare il terzo posto sui 100 metri piani. Ai Giochi di Londra, tra la sorpresa dei più, s'appese al collo la medaglia d'oro della velocità pura, doppiata, qualche giorno dopo, con i compagni, nella staffetta 4x100. Ma la vendetta definitiva si consumò quattro anni dopo sulla pista di Helsinki. Superando le selezioni nazionali nella sua specialità preferita, Dillard, ventinovenne, si consacrò finalmente sui 110 ostacoli. E quattro giorni dopo, in staffetta, concluse l'opera vincendo la quarta medaglia d'oro olimpica.