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Sedici anni nel calcio sono una vita.

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Eccoperché ora, a pochi passi dall'addio sempre più probabile della famiglia Sensi alla guida della Roma, s'intensificano gli attestati di stima e di rispetto verso quella che qualcuno, a ragione, ha definito una vera e propria saga. Tuttavia, nel momento del possibile cambio, occorre anche tenere bene in considerazione tanti aspetti che riguardano la guida societaria della Roma. Un club che, a dispetto della crisi, ha saputo reggere il confronto alla grande con chi i soldi li buttava dalla finestra; che mentre gli altri saccheggiavano il mercato estero, valorizzava i propri giovani, lanciandoli nel calcio internazionale, finendo per essere invidiata, oltre che copiata. Strategie vincenti, lungimiranti, sagge. Tutto vero e tutto da ricordare senza indugi. Ma come in ogni vita, anche quella dei Sensi alla guida della Roma non è stata priva di errori, anche gravi. E non stiamo parlando di un mercato sbagliato - può capitare - o di anni di difficoltà perché palesemente contro un certo tipo di potere. No, quelle possono essere cose che capitano a chiunque, mentre combattere gli squilibri anche politici di quello che il vecchio Franco Sensi definì il «vento del Nord» fu necessario, oltre che coinvolgente. E giusto. Per i romanisti e non solo per loro. Il riferimento agli errori gravi, quelli che oggi non possono non essere tenuti a mente, è al monte di debiti. In una programmazione lungimirante, sacrificare tante risorse senza una vera alternativa, senza una vera strategia, diventa delittuoso. Che poi si riesca a sanare il bilancio della Roma è un conto, ma se la «controllante», l'ormai famosa Italpetroli, soffre debiti con le banche per centinaia di euro, il futuro ha gambe corte e un destino obbligato. Ecco, in fondo, è proprio questo il punto che ha portato a questa complessa e lunga trattativa. Senza quel «buffo» da ben oltre 350 milioni di euro di Italpetroli, la storia della Roma sarebbe potuta essere ancora la storia della famiglia Sensi. Così, invece, la cessione diventa quasi obbligata. Una condizione determinata dai debiti. Debiti non certo caduti dall'alto per le volontà dei «nemici» di una Roma forte, protagonista, vincente.

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