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Limite di stranieri nello sport italiano

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Hail difetto di essere riservato, almeno in gran parte, ad atleti un po' fuori dalla media in termini di centimetri ma questa considerazione non toglie nulla alla qualità tecnica ed atletica di questa disciplina. Qualche giorno fa ho dedicato uno «spigolo» allo scarso equilibrio del nostro campionato che si accingeva a disputare i playoff, una formula della quale sono sempre stato un accanito sostenitore. Avevo addirittura proposto, un po' provocatoriamente, che alla squadra di Siena venisse assegnato un handicap di 20 punti a partita per rendere più incerta la vicenda. Alla fine della serie, fortunatamente limitata a 4 partite, lo scarto tra la squadra campione e l'Armani Jeans di Milano è stato di 72 punti, una differenza media di 18 punti che rendeva ragionevole la mia proposta. Bisogna dare atto ai protagonisti di avere evitato di allungare artificialmente la serie. Siena avrebbe potuto tranquillamente perdere gara 3 e si sarebbe potuta, altrettanto tranquillamente, aggiudicare lo scudetto sul proprio campo qualche giorno dopo. Siena ha vinto le prime due partite interne con 23 e 13 punti di scarto, le due in trasferta rispettivamente con uno e 35 punti di margine. Tra i problemi del basket il più grave non è quello dei centimetri, ma quello di avere snaturato, oltre ogni ragionevole limite, la presenza dei giocatori italiani. Nelle due squadre che si sono disputate il titolo hanno trovato pochi minuti e pochi punti (complessivamente 43 su 556, il 7,7 per cento !) solo quattro giocatori italiani, uno solo – Carraretto – con la squadra di Siena. È vero che sotto questo profilo il calcio, il nostro sport più popolare, ha spalancato le porte senza alcun pudore ai calciatori stranieri ed altrettanto hanno fatto la pallavolo, il rugby ed addirittura il tennis tavolo. È un problema che il Coni ha grande difficoltà ad affrontare. Le varie federazioni hanno provato a darsi delle regole complicate inventandosi definizioni che non trovereste nel vocabolario italiano. Al nostro basket non gli ha certo giovato l'esclusione della nostra nazionale dai giochi di Pechino, ugualmente non ci esaltano le difficoltà della nostra nazionale di rugby nel torneo delle Sei Nazioni. È evidente che la completa autarchia dei nostri campionati non è in linea con le esigenze e le abitudini della società in cui viviamo ma sarebbe intelligente fissare dei limiti, possibilmente non elastici. Difenderei invece l'autarchia assoluta delle squadre nazionali. Come ho detto e scritto molte volte non avrei mai fatto giocare Camoranesi in nazionale, indipendentemente dal valore del giocatore. Tornando di nuovo al basket mi spiace che lo sport che per primo ha attuato in Italia la formula dei playoff abbia dimenticato non c'è formula che possa rendere interessante un campionato senza equilibrio.

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