Occhio all'Egitto è l'africana che gioca meglio

Adessosulla strada di una semifinale, nella quale gli Azzurri sperano logicamente di evitare la Spagna, ecco l'Egitto, che le cifre indicano come la squadra africana attualmente più forte. Stavano per condurre in porto un'impresa, i nordafricani, contro il Brasile, prima di essere beffati da quel «rigore moviolato», con relativo reclamo inevitabilmente respinto, facile il richiamo alla capocciata di Zidane a Berlino. Nessuno si è rivolto una domanda curiosa, vista la non ufficialità della moviola in campo: che cosa sarebbe accaduto se la palla, anziché perdersi sul fondo, fosse rimasta in gioco? Problemini da bar. Dunque Marcello Lippi presenta la sua «Celeste» (mamma mia!) con qualche novità rispetto alla gara di lunedì, già la ritrovata efficienza di Cannavaro qualche garanzia la regala. Difficile che resti fuori il nuovo eroe nazionale, Rossi dovrebbe essere uno dei due esterni di attacco accanto a Luca Toni e forse Quagliarella. La condizione non eccezionale palesata da Zambrotta lascia aperta la porta a un emergente dalle straordinarie qualità come Santon, per il resto le sicurezze assolute sono rappresentate dall'asse di centrocampo De Rossi-Pirlo, con Gattuso o Montolivo. Molto sofferta la vittoria sugli Stati Uniti, quando il pronostico era a senso unico, inevitabile che più accentuato equilibrio pretenda lo scontro con l'Egitto, che pure ha dovuto lasciare a casa il suo attaccante più rappresentativo, quello Zaki che gioca in Premier con il Wigan. Tuttavia la squadra africana brilla soprattutto per risorse offensive, grande qualità per lo Zidan del Borussia Dortmund, ma altrettanto temibile Aboutrika, forse il più bravo contro i brasiliani. Più vulnerabile forse la difesa, nella quale spicca tuttavia l'ex barese Said. Da verificare la nostra linea verde, anche se i veterani garantiscono solida esperienza, ma non sarà comunque una passeggiata. Il bunker iracheno ha messo in difficoltà la Spagna delle tante seconde linee, ma comunque semifinale già in tasca. Per quanto si è visto, la sola arma dell'Iraq veramente da temere è la noia mortale che il suo gioco produce, ma intanto con la Nuova Zelanda un'occasione l'avranno anche gli asiatici.