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Mosley: i team non vogliono accordo

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Sarebbe responsabilità di Luca di Montezemolo e Flavio Briatore se la Fia non riesce a trovare un'intesa con i team ribelli: questa in estrema sintesi la controversa tesi dei vertici della Formula Uno. Ancora una volta dunque la Fia cerca di incunearsi nel campo nemico per sparigliare le carte. Iniziata con un comunicato, apparso in mattinata, nel quale la Fia ha rivelato dettagli inediti della riunione di Londra, svoltasi giovedì scorso, tra Mosley e cinque rappresentanti della Fota: Ross Brawn (Brawn GP), Stefano Domenicali (Ferrari), Christian Horner (Red Bull), John Howett (Toyota) e Simone Perillo (FOTA). Un meeting definito dalla stessa Fia «costruttivo», durante il quale le parti avrebbero raggiunto - il condizionale è d'obbligo in attesa di conferme da parte dei team - un'intesa di massima sulle principali questioni che stanno mettendo a rischio il futuro della Formula Uno: governance e salary cap. In merito alla governance, viceversa, la Fia aveva proposto l'estensione automatica fino al 2014 del Patto della Concordia, sottoscritto nel 1998, così da velocizzare i tempi. Un accordo su larga scala - accusa la Fia - stralciata poche ore più tardi da non meglio precisati «membri della Fota non presenti al meeting, che hanno giudicato quell'incontro una perdita di tempo senza risultati». Qui si è fermata la Fia - che ha anche censurato la posizione della Acea, solidale alla Fota - lasciando che fosse Ecclestone a sferrare il colpo finale. Gli occulti sabotatori del supposto accorto - ha dichiarato Ecclestone al magazine tedesco 'Auto, Motor und Sport' - sono Montezemolo e Briatore: il primo perchè «ha un problema con il presidente della Fia», mentre Briatore ambirebbe alla gestione in prima persona di un Circus alternativo alla Formula Uno. Egoismi a scapito dello sport, urla Ecclestone. Una pesante accusa alla quale la Fota ha preferito non replicare. Venerdì la Fia dovrà comunicare l'elenco definitivo delle 13 scuderie che parteciperanno al prossimo mondiale. Fin troppo facile prevedere quattro giorni di colpi di scena, tra comunicati, accuse e trattative più o meno alla luce del sole.

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