A Letta il Premio Giulio Onesti
Segnato dalla presenza dei notabili della politica e dello sport, con la consegna del premio Giulio Onesti, il Foro Italico ha reso ieri mattina omaggio a Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Motivato dalla costante attenzione del personaggio, un tempo direttore di questo giornale, verso la Casa dello sport, il riconoscimento evoca il nome dell'uomo che resse per trentasei stagioni le sorti dello sport italiano. Lo stesso Letta ha ricordato, di Onesti, la lunga militanza e gli indiscutibili meriti. Primo tra essi, aver tenuto i partiti lontano dallo sport. E sempre Letta, nel tratteggiare la figura dell'avvocato torinese, ha sottolineato come tale atteggiamento non debba subire flessioni, a garanzia, oggi come ieri, dell'autonomia del Comitato olimpico. Della quale autonomia, ha chiosato il sottosegretario, «qualche prova mi pare sia stata offerta, da parte governativa, anche di recente». Chi fu Onesti è dunque scritto nella storia dello sport. Dal 1944 - quando su indicazione di Pietro Nenni gli fu affidato, al fine della sua liquidazione, il commissariamento dell'ente olimpico, fotocopia di quanto deciso per l'Agip di Enrico Mattei - al 1978, anno in cui una sentenza del Consiglio di stato pose fine alla sua interminabile traiettoria dirigenziale. All'indomani di quella sentenza, dopo aver lasciato in portineria le chiavi della vettura di servizio, Onesti ringraziò la stampa per gli affettuosi necrologi con cui avevano commentato la sua caduta dal soglio. I definitivi sarebbero sopravvenuti tre anni dopo, l'11 dicembre 1981, quando Onesti pose fine ai suoi giorni nell'abitazione romana di via Savoia. Onesti aveva accompagnato i successi olimpici di Cortina e di Roma. Visse la fioritura di campioni nati dalla cultura umanistica sparsa nel territorio italiano negli anni '50 e '60, dividendone i meriti con Bruno Zauli, segretario generale dell'ente. Comprese successivamente, con l'istituzione dei Giochi della Gioventù, come fosse necessario affidarsi ai banchi di scuola e ai campanili paesani per rimediare alla modestia culturale di ministri, di assessori e di direttori generali. Fu il primo esponente di un comitato olimpico, era il 1972, a varcare il deserto del Gobi e a incontrare la dirigenza cinese nella Città proibita. Dette dei ricchi scemi, per le scomposte e reiterate dissennatezze finanziarie, ai dirigenti delle società calcistiche. Sostenuto da Giulio Andreotti, con cui, presenti donna Livia e la signora Gabriella, era solito intrattenersi familiarmente nei pomeriggi domenicali, e traendo frutto da dosati esborsi agli enti di promozione, espressione dei partiti, resse il Foro Italico con la costante consapevolezza di essere il primo della classe. Fu insuperabile in dialettica, impenetrabile alle emozioni, cinico e spregiudicato quanto natura personale e responsabilità di ruolo consigliavano. Con gli atleti non andò mai oltre la stretta di mano. Ebbe la fortuna di avere al suo fianco grandi dirigenti. Costretto al ritiro, ebbe in regalo dal Consiglio nazionale due ceramiche, antiche, di Deruta, segno della sua passione antiquaria.