«Non ero più al centro del progetto Lazio»
ValentinaLo Russo Esce di scena con stile, senza polemiche. Ringrazia la società, il presidente, i collaboratori compresi dottori, magazzinieri, arbitri del giovedì. Un po' si commuove ma con grande compostezza spiega le sue motivazioni: «È difficile finire un rapporto durato 4 anni ma la mia è una scelta ponderata. Mi sono accorto di non essere più al centro del progetto tattico della Lazio. Ho provato a verificare certe situazioni e questo ha avvalorato le mie convinzioni. Ci tenevo a dirlo a Formello che considero la mia casa dove sono entrato ed esco in punta di piedi». Delio Rossi si congeda con un bilancio positivo: primo anno in Coppa Uefa, nel secondo preliminari di Champions, nel terzo partecipazione alla Champions League, quest'anno vittoria della Coppa Italia. «Abbiamo fatto crescere i giovani e creato una base solida su cui la società potrà lavorare per il futuro». Rossi qual è il ricordo più bello del suo ciclo in biancoceleste? «La vittoria della Coppa Italia anche per il momento che attraversavamo. Il clima non era idilliaco. Vedere uno stadio pieno mi ha fatto provare i brividi». Cosa c'è nel suo futuro? «Ancora non lo so. Anche quando sono stato contattato da altri club ho pensato solo alla Lazio pur sapendo che me ne sarei andato. Ho programmato il ritiro senza pensare al futuro. A differenza di altri allenatori non mi so e non voglio vendermi. Un allenatore deve essere valutato non per l'impatto mediatico ma per quello che fa». È una rottura fisiologica o è venuto a mancare qualcosa nei rapporti con la società? «La società ha scelto di intraprendere una nuova conduzione tecnica. Sono semplici sensazioni. Quando non sei al centro del progetto te ne accorgi. Ho deciso 15 giorni fa». La società le ha mancato di rispetto? «No. La mancata chiamata è derivata dal fatto che non si voleva andare avanti con me. Nel penultimo incontro ho cercato di monitorare la situazione, nell'ultimo invece ho provato a forzare la mano ma mi sono accorto che non avremmo potuto continuare insieme». Su cosa eravate distanti? «Mi sono chiesto cosa avrei fatto se fossi stato il nuovo allenatore, ho dato spunti e valutazioni tecniche su cui eravamo vicini, in realtà non eravamo distanti su ciò che bisognerà fare». Quanto hanno inciso nella sua decisione i problemi con lo spogliatoio? «Non c'entra questo. Certe situazioni nascono dalla mancanza di chiarezza di rapporti interni. A volte è una questione di equilibri che si spostano. Ora però trovo sciocco e pretestuoso andare a cercare cosa si doveva fare e come bisognava farlo». Come spiega tanta differenza tra il girone di andata è quello di ritorno? «Se una squadra fa 31 punti nel girone di andata e 19 nel ritorno qualche equilibrio è cambiato. La squadra era da quinto/ottavo posto e se avessimo fatto tutto bene avremmo eguagliato il Genoa. Un altro errore è stato non aver fissato per tutti un obiettivo subito». Secondo Lotito la Lazio era da quarto posto. «Non sono d'accordo con lui anche se 18 sconfitte sono troppe». È più arrabbiato o più deluso? «Non doveva andare così ma sono sereno». Che consiglio darebbe a Lotito? «Sono l'ultima persona da cui accetterebbe consigli». Sarebbe disposto a ricostruire un progetto da una serie inferiore? «Il problema non è la categoria, a me piace allenare e sono disposto anche a farlo con i bambini dell'oratorio». Può fare chiarezza sulla situazione legata allo spogliatoio? «Ho allenato tantissimi giocatori, alcuni con caratteri molto forti, vedi Di Canio, Oddo, Peruzzi, con tutto il rispetto per i miei giocatori di quest'anno, quelli avevano caratteri molto più difficili da gestire». Le piacerebbe ricominciare da Torino? «In questo momento non ci sto pensando. Il problema non è la categoria ma quello che voglio fare io». I suoi rapporti con l'ambiente? «Non ho mai apprezzato le critiche fatte per coltivare il proprio orticello e non per il bene della Lazio».