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Quell'amore senza fine per la capitale

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Accaddenella terza edizione, vinta da Carlo Galetti nel 1911, con il «diavolo rosso» Gerbi terzo classificato. Dopo otto ore di corsa, sui 277 chilometri della Napoli-Roma prevalse Ezio Corlaita. Per il secondo appuntamento bisognò attendere il 1950, edizione del Giubileo vinta da Hugo Koblet davanti a Bartali. Ancora un tracciato partito da Napoli, concluso vittoriosamente da Oreste Conte, tra i più forti velocisti dell'epoca, che iniziò quel Giro aggiudicandosi anche la tappa d'esordio da Milano a Salsomaggiore. Storicamente, il legame di Roma con la corsa era nato fin dalla prima edizione, quella vinta da Luigi Ganna nel 1909. Accadde nella quarta tappa, e fu proprio il ciclista di Induno Olona, risalendo lungo l'antica via Latina e traverso Anagni, Valmontone, Labìco e i Castelli, a bloccare le ruote sul traguardo finale di Porta Maggiore. Toccò più avanti ad altri nomi nobili del ciclismo nazionale iscriversi nell'albo della corsa. Su tutti, Learco Guerra, quattro volte primo al traguardo romano, il doppio di quanto riuscito a Girardengo e a Binda. Anche per il disincantato spettatore capitolino, l'arrivo del Giro fu in ogni occasione festa popolare. Fascino di un evento nato e vissuto per le strade e sulle strade, forte a distanza di un secolo dalla nascita, refrattario alle insidie dell'usura, delle farmacie e dei mercati. Augusto Frasca

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