Roma aggrappata a Geronzi
Toh, guarda chi si rivede. Come già successo nel 2004, subito dopo la «fuga» (indotta) dei russi, riecco l'uomo dei «miracoli», il salvatore della Roma. È ancora Cesare Geronzi, presidente di Mediobanca ad interessarsi del futuro della As Roma. Fu proprio lui (anzi quello che allora era il suo delfino Matteo Arpe) a studiare il grande accordo che portò poi alla spaccatura della As Roma in due tronconi: il 51% a Compagnia Italpetroli e quindi alla famiglia Sensi che potè così continuare a controllare il club giallorosso e il 49% a Unicredit che vantava con la suddetta crediti per circa 700 miliardi di lire. Da lì il corposo piano di rientro che poi la Italpetroli non ha onorato saltando le ultime scadenze e quindi i «solleciti» che hanno portato all'incontro di giovedì. Ma stavolta anche Geronzi potrebbe non bastare: Unicredit vuole rientrare alla svelta e «basta compromessi». Dopo l'uscita pubblica di Unicredit di giovedì, ieri a Borsa chiusa è arrivato l'ennesima nota di Compagnia Italpetroli. Comunicato (definito «ostile») che di fatto apre un braccio di ferro con il gruppo bancario: giovedì era stato espressamente chiesto ai Sensi di mettere nel mandato che verrà dato alla banca incaricata di fare da advisor, la possibilità non solo di gestire il piano di rientro ma anche quella di vendere gli asset di Italpetroli: compresa ovviamente la Roma. Una sorta di mandato a vendere che metterebbe Unicredit a riparo da ennesime lungaggini. La risposta, come si legge, è stata invece tutt'altra. «Con riferimento alle notizie diffuse in data odierna (ieri, ndr) da alcuni organi di stampa - recita la nota - in merito all'incontro avvenuto giovedì tra i rappresentanti di Unicredit e quelli di Compagnia Italpetroli, si precisa che questi ultimi, in tale incontro, hanno informato Unicredit di avere avviato dei contatti con Mediobanca ed hanno comunicato l'intenzione di Compagnia Italpetroli di avvalersi della stessa per studiare le migliori modalità per gestire l'attuale situazione debitoria nei confronti del ceto bancario». Gestire e quindi non «risanare» con cessioni eccellenti come avrebbe espressamente chiesto la banca. La cosa non sarebbe stata gradita da Unicredit che resta comunque alla finestra. E, guarda caso, Mediobanca è anche l'istituto cui si appoggia Angelini (ricordate la cordata romana?). L'imprenditore farmaceutico sarebbe nuovamente pronto a intervenire, magari con un partner in grado di occuparsi della parte petrolifera. Intanto tutto intorno il mondo si muove e c'è chi dice che gli emissari del fondo sovrano del Qatar, già in passato interessati alla Roma (e più esattamente a tutto il pacchetto di Italpetroli), sarebbero pronti per un altro blitz nella capitale nei prossimi giorni. Mentre il titolo schizza in Borsa (chiusura a + 8%) e, i soliti ben informati, parlano di una chiamata dalla sponda Sensi verso quella Fioranelli per «sondare». E, come se non bastasse già il momento di caos giallorosso, ieri è arrivata, giustamente, anche l'ennesima mazzata: stavolta targata Alemanno che non può più rallentare il «processo stadi» che avrebbe voluto far partire in simultanea tra le due società della capitale. «Siamo al punto che una squadra (e non dico quale) ha già presentato il progetto e stiamo valutando - ha detto il sindaco di Roma in chiaro riferimento al club giallorosso - mentre l'altra sta lavorando su più opzioni e noi la stiamo sollecitando. Vorremmo fare partire i due progetti insieme. Se poi la settimana prossima dopo le elezioni vediamo che questo non è possibile, una partirà prima dell'altra». Inevitabile visto che la Roma non solo non ha ancora un progetto vero e proprio, o al,meno non lo ha mai fatto vedere a nessuno in Comune, ma non ha nemmeno ancora ben identificato la zone nel quale vorrebbe realizzarlo. Peccato, perché quella che poteva essere una ciambella di salvataggio, rischia di trasformarsi nell'ennesimo peso intrasportabile.