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Giro nella storia

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Sene disse e scrisse nella sua epoca. L'etichetta gli è rimasta appesa a distanza di quaranta anni dalla fine della carriera e ad oltre venti anni dalla morte. Jacques Anquetil fu corridore diverso, in ogni senso. Fu un grande atleta, innanzitutto. La sua forza era nel cervello. La corsa, ragionata. Punto debole, le montagne. Ma sul piano e a cronometro il francese fu pressoché imbattibile. Incrociò la strada di Fausto Coppi, senza scontri diretti, nella parabola finale del nostro campione, di cui divenne in pratica erede naturale. Fece esordio al Giro nel 1959, secondo alle spalle di Gaul. L'anno successivo fu il primo francese a concludere la corsa in maglia rosa, appena 28 secondi di vantaggio su Nencini al traguardo finale. Ripeterà l'impresa quattro dopo, risolvendo tutto alla quinta tappa, una cronometro di cinquanta chilometri da Parma a Busseto corsa ad oltre 48 all'ora. In piena estate, fece doppietta con il Tour, secondo nella storia, dopo Coppi, capace di affermarsi nelle due principali corse a tappe internazionali nella stessa stagione. Jacquot sarà ancora tra i protagonisti del Giro nel 1967 e nel 1968, terzo in entrambe le occasioni. Sulle strade di casa del Tour, il ciclista normanno realizzò il massimo, cinque vittorie, prima d'esse nel '57, quattro consecutive dal '61 al '64. Sempre in Francia, terreno preferito fu il gran Premio delle Nazioni, settanta chilometri a cronometro, sui quali venne scritto, fino agli anni Sessanta, più d'un nome italiano: Coppi nel '46 e '47, Aldo Moser nel '59, Ercole Baldini nel '60, Felice Gimondi nel '67 e '68. Anquetil stravinse in nove occasioni, dal '53 al '58, nel '61, '65, '66.

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