La maglia nera era terreno di conquista.

Necessitàdi pane. C'è stato un periodo in cui la notorietà delle mezze tacche sfuggite alle regole inflessibili del fuori tempo massimo superava quella dei comprimari. E così si legge di Giovanni Pinarello, Luigi Malabrocca e di Sante Carollo e non di Aldo Baito, Renzo Zanazzi o Mario Fazio, tutti dignitosi vincitori di tappe, e talvolta più d'una. Malabrocca giunse ultimo nell'edizione del 1946, a oltre 4 ore da Bartali. Nel 1947, a più di 5 da Coppi. Nella prima, intascò un premio speciale di 60.000 lire. L'anno dopo, 280.000. E culatelli, bonarde, fiaschi d'olio, secondo generosità delle località di passaggio della corsa. Premi al primo, ma dunque anche all'ultimo, curioso, provvidenziale contrappasso. Nel 1948, nonostante soste in osterie e cascinali, nella rincorsa picaresca Malabrocca fu preceduto da Carollo, oltre due ore di distacco tra l'uno e l'altro. Nel 1951, la maglia andò a Pinarello. Figure suggestive, umanità elementari. Come l'epica dei portatori di borraccia, dei tiratori di volata ai più bravi. Gregari, furono chiamati. Tali sono rimasti, pur diversi nelle epoche. Servitori silenziosi, soccorritori, esecutori di strategie, sempre, dei capitani delle squadre. Ma spesso, compagni e confessori nelle lunghe meditazioni di fine tappa. In quel caso, insostituibili, come fu l'anonimo Magistris nei trionfi di Ribot ad Ascot o Longchamp. Tre nomi dell'epoca d'oro. Ettore Milano e Andrea Carrea per Coppi, Giovanni Corrieri per Bartali. Al secondo, in un caso, venne favorita la fugace parentesi d'una maglia gialla al Tour. Al terzo, assieme ad altre, anche la linea d'arrivo del Parco dei Principi, ultimo traguardo nel Tour del 1948, dominato dal suo capitano.