Fiorenzo Magni, il terzo uomo

Nellafoto a lato c'è tutto l'uomo. Intero. Senza necessità di aggettivi. Edizione del '56. Magni, classe 1920, toscano da Vaiano di Prato, di Giri ne ha vinti tre. È il suo ultimo. Lotta con un lussemburghese di dodici anni più giovane, un viso d'angelo e un carattere di carta vetrata, Charly Gaul. Sa di patirlo in montagna. Ne ha già saggiato l'immane superiorità nella nona tappa, lungo le asperità abruzzesi della Pescara-Campobasso. Più avanti, nella dodicesima, discesa di Volterra, all'imbocco di una curva, la caduta. All'ospedale di Livorno, la diagnosi: frattura della clavicola. Non se ne farà ragione. Due giorni dopo, nella Lucca-Bologna, altra caduta. Rifiuterà l'ambulanza e deciderà di continuare, fino alla fine, altre otto tappe, cedendo al lussemburghese sul traguardo finale poco più di tre minuti. Quando dopo l'ultimo traguardo lo sottoporranno a nuova radiografia di fratture ne spunteranno due. Oltre la clavicola, l'omero. La foto lo ritrae nella cronoscalata di San Luca, una camera d'aria stretta fra i denti e appesa al manubrio per attutire sbalzi delle ruote e dolore. Questo era Fiorenzo Magni, il «terzo uomo», preso tra due fuoriclasse come Bartali e Coppi, o «leone delle Fiandre», la classica internazionale vinta per tre anni di seguito, perla di una carriera insieme con i Giri del 1948, del 1951, il secondo posto l'anno dopo dietro Coppi, ancora vittoria nel 1955, 3 titoli italiani, 3 Giri del Piemonte, 2 Giri di Toscana e di Romagna, 2 edizioni, anni '52 e '53, della Roma-Napoli-Roma, formula originalissima di una gara corsa metà in linea e metà dietro moto, organizzata dal nostro giornale e da Natale Bertocco, tra i più apprezzati giornalisti dell'epoca.