La curva Sud licenzia i giallorossi
{{IMG_SX}} Solo Totti (pure a sprazzi), con un pizzico di De Rossi e giusto un tempo di Baptista. Il resto è stato nulla assoluto contro un Chievo venuto all'Olimpico, giustamente, per limitare i danni. Zero a zero che assume i colori della sconfitta e attinge a piene mani in una contestazione che era già nell'aria prima dell'esplosione di ieri. La Sud è pressoché deserta, ma tempestata di striscioni con un unica ma chiarissima parola: «Vattene». Obiettivo della protesta dei tifosi, neanche a dirlo, è il presidente della Roma Rosella Sensi più volte beccata da cori fanno tornare alla mente la «rometta» del passato. La trattativa prima smentita e poi confermata (attualmente allo stato di «verifica» secondo i comunicati di Italpetroli), ha smosso di nuovo la fantasia degli ultrà che di tornare alla mediocrità di un tempo non vogliono sentir parlare. Ma stavolta sul banco degli imputati c'è anche la squadra che i tifosi, (entrati in curva solo al minuto 83') chiamano sotto la Sud ma che non andrà a raccogliere i rimproveri del suo popolo. Brutto segnale che dimostra una scollamento totale tra chi sta dentro e chi fuori questa realtà ormai sempre più lontana dalla vetta della classifica e che rischia di essere scavalcata anche dal Palermo per la corsa Uefa. Così la partita di ieri è stata solo l'ennesima conferma di come a Roma, sponda giallorossa, si sia chiuso un ciclo. Sembrava una di quelle partite che si giocano nel ritiro estivo pre-campionato, disputata al piccolo trotto, condita qua e là di qualche guizzo affidato più a giocate personali che non a una vera e propria manovra pensata. Eppure la Roma, che proprio del bel calcio aveva fatto il suo vanto maggiore, non può essere scomparsa così in un battibaleno. Non può aver dimenticato i meccanismi che l'avevano portata nel gotha dell'Europa del calcio. Sì gli infortuni, le assenze e le voci di cessione, ma qui il problema sembra essere più complesso. S'è rotto qualcosa che difficilmente si riuscirà a ricomporre semplicemente: la Roma sembra aver perso quell'autostima e quella fiducia che aveva fatto la differenza. È arrivato il momento di cambiare, anche se resta difficile capire cosa: forse tutto. Impossibile risolvere il problema con la classica «cacciata» del tecnico, perché stavolta serve quel «progetto» più volte ventilato ma mai palesato. Serve una rifodanzione che parta dall'alto e arrivi in tutti i settori di una società che quest'anno ha avuto più d'un problema: a partire da un mercato impalpabile, a quello con lo staff medico, ai ripetuti screzi con la stampa più volte additata come causa dei mali giallorossi. Incredibile... A questo punto della stagione le società di un certo livello hanno già pianificato il futuro, qui invece non si capisce cosa c'è dietro l'angolo, se resterà questa proprietà, se rimarrà il tecnico, quanti e quali giocatori saranno ancora a Roma se, come molto probabile, il prossimo anno i giallorossi saranno fuori da tutto. È il momento delle risposte e non è la stampa a pretenderle ma il popolo giallorosso che stavolta è salito con i piedi sui banchi per protestare contro quella che non riconosce più come la «sua» Roma.