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Una svolta pericolosa nel nostro calcio

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Quasirichiamandosi a un certo modo di far politica, si è spesso parlato, negli ultimi anni, del teatrino della Lega, il cui burattinaio non è - come può sembrare - l'eclettico Matarrese, bensì un vertice ufficioso formato dai dirigenti dei club più importanti, a loro volta ispirati dall'amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani. Nella versione più pessimistica, la Lega è spesso paragonata al Titanic: perché, pur vivendo fra mille difficoltà, offre di sè un'immagine perversamente allegra. In fondo, è sempre stata gestita - con alti e bassi - da quei personaggi che Giulio Onesti, presidente del Coni, più di 50 anni fa definì «ricchi scemi», in genere imprenditori molto capaci nelle proprie aziende, scriteriati nella gestione delle società; e l'allora presidente Ottorino Barassi - gloria calcistica internazionale per aver salvato la mitica Coppa Rimet durante l'ultima guerra - fu costretto a dimettersi, passando la mano a un commissario, Bruno Zauli, primo grande riformatore del settore. Vi diranno che la notizia del giorno è un'altra: la spaccatura in Lega fra le squadre di A e quelle di B, con le prime decise a darsi un'autonomia politica e normativa. Scissione!, gridano i contendenti. Disgregazione!, grida Matarrese. E magari lotta continua fino all'ultima sparata televisiva. Vi diranno anche che è la prima volta che si arriva a tanto, ma non è vero: la Serie A desidera da tempo costituirsi alla stregua della Premier League inglese e più d'una volta la decisione è stata presa, poi ritirata perché la Serie B si pentiva delle proprie posizioni d'aperta rottura, una volta fatti i conti con la realtà economica del settore: le spese del campionato cadetto sono infatti coperte per trequarti dalla mutualità, ovvero dal campionato maggiore, e una B autonoma sarebbe presto destinata al fallimento. Nella migliore delle ipotesi a congiungersi alla vecchia Serie C. Per questo, piuttosto che inseguire i protagonisti dell'ultima (?) sceneggiata e le loro dichiarazioni schizofreniche, mi piace immaginare quel che accadrà nell'immediato futuro, a parte l'eventuale commissariamento della Lega deciso dalla Federcalcio. Le ventidue squadre di Serie B - tenuto anche conto dell'andirivieni fra promosse e bocciate alla fine dei campionati in corso - rappresentano importanti città che, davanti alla disperata realtà della scissione, faranno sapere al governo, attraverso i sindaci (gia' scesi in campo in passato) e i parlamentari del territorio, presentissimi quando si tratta di calcio, il disagio sociale e politico delle masse locali, ovvero di milioni di elettori pronti a far rivoluzioni per la squadra del cuore. E visto che al Governo c'è Berlusconi, è immaginabile che Galliani - suo braccio destro calcistico - si tramuterà da piromane a pompiere per ricostituire una Lega unita o, nella peggiore delle ipotesi, per assicurare la massima assistenza finanziaria al torneo cadetto. Anche la scelta di Maurizio Beretta, un manager esperto e prudente, di basso profilo, dovrebbe preludere a soluzioni pacifiche e costruttive. Beretta - per anni in Rai, in Fiat e in Confindustria - è esperto di lobbismo (come piace a Zamparini) ma soprattutto di comunicazione: ha vissuto lunghi anni davanti alle telecamere e sotto i riflettori e non rischia, come altri Padroni del Vapore (vedi Guido Rossi ai tempi di Calciopoli) di farsi traviare dalle follie del calcio e dalla popolarità che il gioco più bello del mondo garantisce. Credo che non ci metterà molto a capire quale sia la strada da percorrere, visti i recenti turbamenti politici che hanno riguardato le candidature alla presidenza del Coni. In caso di pesanti dubbi esistenziali, un colpo di telefono al sottosegretario Rocco Crimi, noto pacificatore, o a Gianni Letta, mitico tagliatore di nodi.

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