Più certezze e meno comunicati
Romauguale Colosseo: se cade lei, Lupa e Campidoglio scompaiono e due minuti dopo prende il via la fine del mondo. Consola solo un po' che sprofonderebbe negli abissi pure la minoranza biancoazzurra. L'unica maniera per esorcizzare cotesta profezia escatologica è di riaffermare, alto e forte, che la squadra giallorossa è un bene sportivo e culturale dei romani e non solo. Le batoste con i cugini e con la Fiorentina, i romanisti abruzzesi le hanno patite come ennesimi, tremendi, immeritati terremoti. Quindi, bisogna tutelare tanto bene, abbandonando, in primo luogo, tergiversazioni e infingardaggini. Alla A.S. Roma servono, adesso, più che mai, coraggio ed onestà intellettuale. La verità è che Franco Sensi diede tanto, di cuore e di tasca sua, interpretando al meglio il ruolo di principe-mecenate. E da lui scaturì il Rinascimento giallorosso. Scomparso il grande presidente, la famiglia e, in primis, Rosella Sensi hanno cercato di continuare il percorso virtuoso, ma, per motivi spesso oggettivi, hanno via via denotato di essere succedanei impari rispetto all'obbiettivo di ricostruire la Grande Roma di Franco. Di scusanti ce ne sarebbero a iosa e, tuttavia, v'è da rimarcare che parecchi milioni sono stati sperperati in campagne-acquisti, che io considero solo demenziali, altri ancora peggio. Sia come sia - magari è solo colpa del Grande Gufo - non è più procrastinabile il momento delle decisioni chiare. Se la famiglia Sensi non ce la fa più, allora lo dica e venda, senza farsi dettare i comunicati ufficiali da Torquato Accetto, l'autore del libro «Della Dissimulazione onesta» (Napoli, 1641), che per dissimulazione intendeva l'abilità di «non far veder le cose come sono». Egregia Rosella, credo che tutti le vogliano bene, ma, siccome noi romanisti vogliamo ancor più bene alla A.S. Roma, o riesce a dare risposte tempestive oppure è meglio che si tiri indietro.