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Caos Roma, tutti contro tutti

Luciano Spalletti

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{{IMG_SX}Non c'è pace per la Roma}. Massacrata dalla Fiorentina nella partita che poteva riaprire davvero le speranze Champions (la sconfitta di ieri del Genoa suona come una beffa), contestata dai tifosi, spaccata al suo interno. Dopo gli insulti piovuti dai tremila presenti nel «Formaggino» del Franchi, un'altra dose di veleno è arrivata nella notte. Un centinaio scarso di romanisti inferociti ha aspettato nel piazzale di Trigoria il rientro della Roma fino alle 3.30 (da registrare anche incidenti in tre Autogrill sull'A1). Grazie al servizio d'ordine organizzato dalla società e due volanti inviate dalla Questura si è riusciti ad evitare che la situazione degenerasse. Così la contestazione si è limitata ai cori di rabbia e un paio di petardi esplosi: quella vera è annunciata per domani pomeriggio, quando la squadra si troverà all'interno del «Fulvio Bernardini» in un ritiro imposto dalla Sensi e che non piace a nessuno.  L'appuntamento per calciatori, dirigenti e staff tecnico è stamattina alle 10.30. Domenica notte hanno lasciato tutti Trigoria attraverso una porta secondaria, evitando il contatto con i tifosi. La società ha concesso di iniziare il ritiro oggi visto che molti avevano già convocato al Bernardini parenti e amici per rientrare a casa. La squadra resterà chiusa nel «bunker» almeno fino alla partita di domenica pomeriggio con il Chievo. Poi si vedrà. Totti e compagni, tra delusione e rabbia, hanno appreso le disposizioni della Sensi negli spogliatoi del Franchi. Nessuno ha alzato la voce ma i mugugni all'interno del gruppo ci sono. È il secondo ritiro stagionale dopo quello seguito alla sconfitta di Torino con la Juventus: la domenica successiva la Roma pareggiò a Bologna e fu concesso lo sciogliete le righe. Spalletti ha già contestato la decisione del ritiro domenica sera: «Non sono d'accordo ma sono un tesserato e mi adeguo». Tra lui e la proprietà c'è gelo. Nelle righe del comunicato scritto dalla Sensi per la prima volta si legge il nome del tecnico tra i responsabili di questa crisi irreversibile. «Deve tornare ad essere un educatore» l'accusa mossa da Rosella, seccata dal nervosismo dei giocatori. Ieri nessun contatto tra la presidentessa e Spalletti: il confronto faccia a faccia ci sarà nei prossimi giorni a Trigoria. C'è n'è bisogno perché la panchina della Roma inizia a traballare. «Mi sento in discussione ma non mi dimetto» ha detto l'allenatore toscano che da qualche tempo si guarda intorno. Juventus, Milan e Fiorentina le tre squadre che in Italia potrebbero accoglierlo. E le occasioni non mancano in Spagna e Inghilterra. Il contratto che lega Spalletti al club giallorosso scade nel 2011 ma rappresenta un «ostacolo» superabile. La società, mentre sta decidendo le sorti del pacchetto di maggioranza, ha bisogno di capire in fretta le intenzioni di un tecnico che già la scorsa estate ha pensato di cambiare aria. Anche il feeling tra il toscano e la squadra è meno solido rispetto al passato. Più di un giocatore ritiene che la causa degli infortuni sia dovuta ai metodi di allenamento e soprattutto alla «fretta» nei recuperi. Juan e Vucinic sono ormai cronici, Aquilani rischia di operarsi, lo stesso dicasi di Doni che tra domani e mercoledì volerà ad Anversa dal professor Marc Martens (sarà presente anche il medico sociale giallorosso Stefano Del Signore) per trovare la soluzioni ai problemi di un ginocchio che lo tormenta dall'anno scorso. Poi ci sono i numeri, impietosi, che descrivono una stagione fallimentare. Sedici sconfitte, comprese Champions, coppa Italia e Supercoppa, 63 gol subìti (di cui 52 in campionato, solo le ultime tre della classifica hanno fatto peggio) da una difesa colabrodo. I limiti di approccio mentale alle partite sono evidenti in una statistica: 33 delle 63 reti incassate sono arrivate nei primi 18 minuti dei due tempi. E a forza di rincorrere il fiato è finito.

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