Facciamo finta che stasera ci sia il derby
Perchéqui, ragazzi, parliamoci chiaro: ogni volta che abbiamo dato grande importanza a una partita della nostra Lazio, attribuendole il ruolo di chiave che poteva aprirci le porte del Paradiso, Delio Rossi e i suoi baldi giovani hanno finito per toppare clamorosamente e farci tornare a casa con le pive nel sacco, mentre l'unico tipo di sfida che nell'era-Lotito ci ha regalato assai più soddisfazioni (e che soddifazioni!...) che dolori sono state proprio le stracittadine contro la Roma. E allora - anche se lo so che ci vuole una bella fantasia - immedesimiamoci nel ruolo di vittima predestinata della squadra-più-forte-del-mondo-col-giocatore-più-forte-del-mondo-eccetera-eccetera, immaginiamo Del Piero col pollice in bocca e un bel codino biondo sulla nuca pelata di Chiellini, dimentichiamoci della Juventus, della Coppa Italia, del vantaggio accumulato nella partita d'andata. E, soprattutto, evitiamo accuratamente di ricordarci che siamo gli unici a poter avere l'onore e l'onere di rappresentare la Capitale in una delle due importantissime finali di calcio che si giocheranno in maggio allo Stadio Olimpico (quello vero). Come dite, amici laziali? Che Ranieri, con tutti quei capelli e l'abitudine di tenere le braccia conserte anziché sventolare le dita per aria, a chiunque può assomigliare tranne che a Spalletti? Che Nedved sarà pure un mezzo traditore, ma insomma da qui a romanista ce ne passa?... Che Buffon, purtroppo, non para come Doni? Lo so, lo so. Ma insisto. O volete che ve le riepiloghi, le mortificazioni che questa squadra ci ha inflitto ogni volta che le abbiamo chiesto di farci sognare? Con quanti ferri roventi ci ha marchiato l'anima? No, amici miei. Stasera non giochiamo la semifinale di Coppa Italia ma un derby contro noi stessi (e d'altro canto la Roma non è forse l'altra faccia della Lazio, la sua metà oscura?). E d'altronde è proprio questa consapevolezza, conscia o inconscia che sia, a giustificare l'esodo di massa che porterà sei-settemila di noi lassù a Torino, per testimoniare fino in fondo la diversità dell'essere laziale.