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È vero: hanno dovuto affidarsi ad un tecnico italiano, Fabio Capello, per tentare di rivincere un mondiale unico e vecchio più di 40 anni.

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Eppure,al netto di tutte le considerazioni che provano a mitigare la realtà dei fatti, il calcio inglese stradomina ancora nell'Europa che conta. Come l'anno passato, tre squadre nelle semifinali della Champions. Solo la forza dirompente del Barcellona allontana dal pensiero di una possibile finale ancora tutta Made in England, come l'anno scorso a Mosca. Rispetto a 12 mesi fa, un Arsenal in più e un Liverpool in meno, ma visto lo spessore, il coraggio e la forza della squadra di Rafa Benitez, viene da dire che, moralmente, il Liverpool ha meritato almeno quanto il Chelsea. Che con la mano del mago olandese Hiddink, ha rispolverato un talento pure come l'ivoriano Droga, spingendosi verso i confini di una possibile rivincita, dopo l'amarezza di Mosca. Spesso si è detto: il calcio inglese, che poi tanto inglese non è, vince perché ha i quattrini russi e americani. Vero. Ma sarebbe riduttivo immaginare che la semplice operazione: ho-i-soldi-dunque-vinco possa bastare. Moratti e Berlusconi, in questo senso, avrebbero pochi rivali. La verità è che servono tante altre cose. A cominciare dalla mentalità. Cosa che appartiene, per esempio, all'Arsenal di Wenger. È vero, con la Roma ha rischiato grosso. E il gioco amaro delle porte girevoli, avrebbe potuto far perfino immaginare una Roma in semifinale se Baptista avesse centrato il 2 a 0 all'Olimpico. Lo spessore - scarso assai - del Villarreal autorizza pensieri che sconfinano nel masochismo. Ma l'Arsenal, che pure ricco sfondato non è, che ha saputo rinunciare ad un campione come Henry, che ha puntato sui giovani, è lì, da tempo, nell'Europa che conta. Una finale persa con il Barcellona ed ora una semifinale difficile, ma non impossibile con il Manchester. Forse dall'esempio dei Gunners, della loro programmazione e dal loro saper cercare talenti ancora non troppo famosi, potrebbe ripartire il calcio italiano.

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