«Champions? Ah ah ah! Fatece ride».
Ilnostro campionato è finito da tempo e non c'è da farsi illusioni sulla possibilità di riscattarlo nelle prossime partite, però aver definitivamente rotto le uova nel paniere dei cugini restituisce un minimo di senso a una stagione altrimenti fallimentare. Rallegrarsi delle altrui disgrazie non è né da grande squadra né da sportivi «veri», però certi sentimenti non si possono combattere o celare e, d'altro canto, sono sicuro che, a parti invertite, gli amici romanisti godrebbero come stiamo godendo noi. Per cui non mi vergogno di ammettere che, più ancora dei quattro pallini che gli abbiamo rifilato, a mandarmi in solluchero sono state le reazioni di allenatore e giocatori giallorossi, incapaci di gestire lo tsunami emotivo che s'è abbattuto su di loro nei primi, indimenticabili quattro minuti della partita. Per me questo resterà il derby dello Spalletti prima in maniche di camicia e poi spedito dall'arbitro a dare ordini (sbagliati) alla panchina via telefonino. Sì, il grande Spalletti, il genio della comunicazione che qualche giorno fa ha addirittura avuto il coraggio di definire «laziale» il più irriducibile dei paladini della Roma. E resterà il derby in cui Panucci e Mexes sono riusciti a costringere persino il riluttante Morganti a espellerli; in cui le smorfie di De Rossi hanno sancito una volte per tutte quanto questo grande campione soffra le maglie con l'aquila sul petto e in cui Totti ha tristemente confermato ciò che la storia recente della stracittadina ci ha dimostrato: la Roma vince solo se lui è infortunato e non può giocare. Insomma, il derby della Roma spiritualmente e sportivamente in ginocchio. Visto che ho deciso di non essere ipocrita, aggiungo con identica crudezza le mie considerazioni sulla Lazio. Non credo che questo trionfo avrà benefiche conseguenze, e mi auguro che il progetto di rinnovamento già studiato da Lotito, a cominciare dalla sostituzione dell'allenatore, vada avanti come se niente fosse. Contro un'avversaria meno isterica della Roma, infatti, la squadra avrebbe vanificato persino l'inestimabile patrimonio di due gol nei primi 4'. I rimanenti 41' del primo tempo sono stati inguardabili e, più in generale, ogni cross che raggiungeva la nostra area era gol o quasi gol, il che mi fa essere pessimista per la semifinale di Coppa Italia con la Juve. Come dite? Che non è oggi il giorno giusto per pensarci? Okay, d'accordo: ne parliamo un'altra volta. Oggi godiamoci la squadra più forte del mondo che si riduce a dare la colpa della disfatta a un «corner che non c'era».